Vino trentino giovane e in rosa: la Cantina Donati, nata nel 1863
Il mondo del vino trentino è sempre più in rosa e giovane. È il caso (anche) della cantina Marco Donati, una delle più antiche del Trentino, essendo nata nel 1863. Oggi, insieme a papà Marco e mamma Emanuela, c'è anche Elisabetta: classe 1990, è cresciuta tra uva e bottiglie, altro che barbie e videogiochi.
«Da noi la presenza femminile non è mai mancata: mio papà è l'enologo, ma anche la mamma è presente in azienda. Di cosa mi occupo? Beh, noi donne siamo multitasking, si sa, quindi possiamo fare più cose insieme». L'abbiamo incontrata al Vinitaly a inizio settimana, ed effettivamente vediamo con i nostri occhi che la frase detta non è campata in aria: Elisabetta fa assaggiare i vini, li racconta, si rivolge in inglese a visitatori e possibili buyer stranieri, si intrattiene con gli ospiti, va a ritirare premi. Insomma, è dovunque. Con competenza in ogni settore, grazie alla laurea in gestione aziendale, la specializzazione all'Istituto Agrario di San Michele e alcune esperienze lavorative in altre realtà vinicole.
«Quelle a Verona sono state giornate senza dubbio impegnative, ma utilissime e le soddisfazioni non sono mancate. Abbiamo sfruttato l'evento di portata nazionale e internazionale per stringere accordi economici, ma soprattutto per far conoscere a un pubblico molto vasto i nostri prodotti. E tra questi la novità è il nuovissimo Moscato Rosa, presentato in anteprima proprio a Vinitaly. E poi c'è anche il Teroldego Rosato, una nuova bottiglia della nostra collezione». Colori, il rosa e il rosato, che sono tipici di alcuni vini ma che servono a raccontare un'azienda, come detto, nella quale il tocco femminile si vede. Tornando ai prodotti non vanno dimenticati il Gewurtztraminer Vendemmia tardiva, risultato il terzo miglior vino dolce d'Italia, e il Trentodoc, con Marco Donati che a fine 2018 ha voluto "salire sul carro del successo", realizzando la propria bottiglia delle bollicine che stanno andando alla grande a livello locale, nazionale e internazionale.
«La punta di diamante resta il nostro Teroldego Sangue di Drago, ottenuto esclusivamente dalla nostra vigna storica, dai ceppi di nonno Marco. A questo vino è legata la leggenda di Castel San Gottardo: si narrava che un drago vivesse nelle grotte del maniero ma un giorno venne trafitto a morte dalla spada di un cavaliere, il conte Firmian. Alcune gocce di sangue del mitologico animale caddero nel terreno della Piana Rotaliana e da lì germogliarono i primi ceppi del vitigno autoctono».
Storie e leggende che raccontano una famiglia e i prodotti. Vini che vengono consumati e apprezzati soprattutto in Italia. «Produciamo circa 120 mila bottiglie e il 15% va all'estero, soprattutto negli Usa, in Canada e in nord Europa. Poi c'è il mercato italiano, con l'Emilia che resta, per noi come per molti altri produttori, il punto di riferimento. Oggi il nostro obiettivo è mantenere la tradizione ma restando al passo con l'innovazione: comunicare il vino di questi tempi è fondamentale. E noi, con più di 150 anni di storia, abbiamo tantissimi racconti».