Morì per il rifiuto della chemio da parte dei genitori. I giudici: «Diritto di vita sui figli non è loro»
«L’ordinamento non pone il diritto di vita o di morte dei figli nelle mani dei genitori, al contrario i genitori sono custodi della vita dei figli, che hanno l’obbligo di proteggere». È la motivazione principale con cui i giudici del tribunale di Padova hanno condannato a due anni ciascuno, nel giugno scorso, i genitori di Eleonora Bottaro, morta a 17 anni nel 2016 per leucemia e ‘curatà con il cosiddetto «metodo Hamer», rifiutando di dare l’assenso a ricorrere alla chemioterapia e, secondo l’accusa, manipolando la coscienza della figlia.
La vicenda scatenò polemiche fortissime, preludio a quello che sarebbe stato lo scontro altrettanto forte sulle tesi ‘no vax’: tra le prese di posizione più dure vi fu quella del virologo Roberto Burioni, che su Facebook si disse convinto fosse «una barbarie lasciare i genitori a giocare alla roulette russa con la salute dei figli».
Nella motivazione i giudici sottolineano che i due genitori, Lino Bottaro e Rita Benini, avrebbero avuto «il preciso dovere di attivarsi per garantire alla figlia il diritto primario, quello di vivere» e invece «hanno fatto tutto quanto era in loro potere per sottrarre Eleonora alle cure che la potevano guarire, sia direttamente, negando il consenso che giuridicamente spettava loro esprimere, sia indirettamente, lasciando Eleonora in una falsa convinzione di guarigione».
«Sottrarre la figlia - prosegue la sentenza - all’unica cura che la scienza medica conosce e che, fortunatamente, è anche una cura con elevata possibilità di successo, non è una scelta che risponda a prudenza e perizia. La salute di un figlio non può essere lasciata al mero arbitrio del genitore che senza alcun vincolo possa adottare qualunque scelta a suo piacimento, come se il figlio fosse una sua mera estensione».
Il percorso giudiziario era iniziato subito dopo la morte della ragazza, il 29 agosto 2016, con l’iscrizione dei genitori nel registro degli indagati per omicidio colposo aggravato dalla prevedibilità degli eventi. Il Gup di Padova nel 2017 si pronunciò per il non luogo a procedere perchè «il fatto non costituisce reato». L’accusa ricorse in Corte d’Appello, che sposò la linea della Procura rinviando il procedimento in primo grado, concluso nel giugno scorso con la condanna dei coniugi Bottaro.
Nonostante la condanna, la mamma di Eleonora si era detta non pentita di quel che aveva fatto: «Credo nella giustizia divina - aveva dichiarato subito dopo la lettura della sentenza - non ho sbagliato nulla, rifarei tutto quello che ho fatto, solo Dio sa quanto ha sofferto mia figlia».