Varianti del virus, il virologo Clementi: «Serve prudenza, ma basta isterismi»
Appelli alla prudenza e alla cautela ma anche dichiarazioni allarmanti: in questi giorni dal mondo scientifico arrivano prese di posizione diversificate sulla questione delle mutazioni del sars-cov-2 e sulle conseguenze che potrebbero avere nel contrasto dell'epidemia.
Se c'è chi rileva una probabile contagiosità maggiore e suggerisce prudenza in attesa di saperne di più, altri sembrano già certi che le "varianti" (inglese soprattutto, ma anche sudafricana e brasiliana) siano più minacciose e facilitino notevolmente la trasmissione dell'infezione.
L'unica certezza, stando alle dichiarazioni delle case farmaceutiche implicate, è che i vaccini (attuali o rimodulati nei prossimi mesi) sono in grado di bloccare anche le mutazioni, presente e future.
Fra un mese o due si completeranno i primi studi scientifici in grado di rispondere con una certa attendibilità alle domande sulle reali caratteristiche cliniche delle varianti oggi più diffuse in Europa.
Lo ha ricordato due giorni fa anche il genetista Massimo Zollo dell'Università Federico II di Napoli, coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge-Biotecnologie avanzate: «Al momento si può solo ipotizzare che le tre varianti siano più aggressive per il fatto che il virus non lo stiamo ancora debellando e si sa che la propagazione di questo virus è tale che, grazie alle mutazioni, è più efficiente nell’infettare l’uomo. Da tempo diciamo che le varianti, di questo come di tutti i virus, sono un problema: per questo si deve insistere nella ricerca, e nella ricerca delle varianti».
Prudenza, attenzione ma «senza isterismi», osserva Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano, intervistato oggi dal gruppo Quotidiano Nazionale.
Secondo l'esperto, la variante inglese del virus non è più pericolosa: «Sento dire insistentemente che si tratta di una mutazione molto più letale, ma non è così. Ho visto tantissimo allarmismo in queste settimane, ma ritengo non ce ne sia motivo. Bisogna riportare le cose dentro il giusto contesto. È vero che ha una contagiosità maggiore, diciamo nell'ordine del 20-30% in più, ma questo non ci deve sorprendere: è nella natura del virus mutare ed evolversi continuamente. Ricordiamoci che il covid, quando arrivò in Europa l'anno scorso, era già mutato rispetto alla versione cinese, adattandosi alla popolazione europea».
Sul fiorire di voci di esperti, che in questi giorni si sono divisi fra rigoristi "pro lockdown" e gradualisti per una gestione più composita della crisi, ieri si è espresso anche il presidente dell'Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini: «È giusto che gli esperti forniscano dati e suggerimenti a chi ha la competenza e la responsabilità politica delle decisioni. Quello che ho chiesto è di evitare troppe esternazioni che rischiano di mandare in cortocircuito il dibattito nelle istituzioni e disorientare l'opinione pubblica ed ora con una chiusura generale il rischio è quello di creare malumori, turbolenze, proteste. Queste, semmai, devono essere gestite e accompagnate da spiegazioni, dati e decisioni politiche».