Vaccini, cresce il fermento: presto l'ok al J&J (monodose), si valuta anche il russo Sputnik. Intanto il Trentino arriva a 43mila dosi somministrate
Ha raggiunto quota 42.737 dosi, secondo i dati di questa mattina, la campagna di vaccinazioni in Trentino.
Si tratta di una cifra, spiega l'Apss, che comprende anche 15.256 richiami e 7.041 dosi riservate a ospiti di residenze per anziani.
Frattanto, sono quattro i vaccini anti Covid-19 che si preparano ad affrontare la procedura di autorizzazione da parte dell'Agenza Europea ei medicinali (Ema).
Lo ha detto il responsabile terapie e vaccini dell'Agenzia Europea dei Medicinali (Ema), Marco Cavaleri, in un'intervista alla trasmissione Caffè Europa di Rai Radio1.
Il vaccino più vicino al traguardo dell'approvazione da parte dell'Ema è quello della Johnson & Jonhson: "lo stiamo valutando e penso che intorno a metà marzo saremo in grado di concludere. Ovviamente fermo restando che non ci siano problemi emergenti, ma sono piuttosto ottimista: sarà il prossimo", ha detto Cavaleri.
"Poi vedremo per gli altri: Novavax, Curevac, Sputnik ed eventualmente anche uno dei vaccini cinesi", ha proseguito.
Per il vaccino russo SputnikV, ha proseguito, "abbiamo bisogno di fare quello che facciamo con tutti i vaccini, ovvero che l'azienda ci sottoponga tutti i dati, che poi noi valuteremo; ovviamente poiché il sito di produzione è extra-europeo dovremo verificare che il vaccino venga prodotto secondo gli standard europei. A quel punto potremo essere in grado di concludere in aprile o maggio".
Il vaccino Johnson & Jonhson è monodose (niente richiamo) e si conserva in un normale frigorifero. La Ue ha una prelazione per 200 milioni di dosi e un’opzione su altrettante. In Italia ne dovrebbero arrivare 27 milioni, con le prime forniture in partenza subito dopo il via libera degli organismi regolatori, quindi quasi certamente entro fine marzo.
Frattanto aumentano, anche nel mondo politico, le pressioni affinché l'Italia prenda in considerazione di autorizzare in via emergenziale, dunque compatibilmente con le normative Ue, l'utilizzo del vaccino russo Sputnik V, come ha già fatto l'Ungheria e come sembra intenzionata a fare anche l'Austria.
Come noto, il farmaco russo è già in uso nella campagna vaccinale della Repubblica di San Marino.
Ma al di là di un'eventuale motu proprio italiano, che data l'urgenza di accelerare le vaccinazioni non va escluso, lo Sputnik 2 è comunque già in qualche mdo all'attenzione dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema).
Armando Genazzani, professore di farmacologia all'Università del Piemonte Orientale, membro del Chmp di Ema e nella commissione tecnico scientifica di Aifa, a Radio 24 oggi ha spiegato che per vaccino russo "vi sono degli incontri in corso ma non è ancora cominciato l'iter autorizzativo formale per il Sputnik- V" dice.
"Prima di iniziare bisogna controllare i siti produttivi che non sono dentro la Comunità europea, è una cosa che si fa con tutti i vaccini, che siano in Russia, negli Stati Uniti o nel resto del mondo, quindi siamo ancora in fase preliminare non di sottomissione del dossier".
E in merito al dibattito, italiano e europeo, sulla singola dose per chi ha già avuto virus, Genazzani: "Ci sono dati, non ancora completi, che stanno suggerendo questa strategia".
L'allusione è alle esperienze dell'Inghilterra e della Scozia, che a tre mesi dall'avvio della campagna vaccinale basata sulla sola prima dose, ha registrato indicazioni confortanti sul fronte della difesa anticorpale assicurata anche da una sola iniezione di AstraZeneca. Tre mesi, tuttavia, sono un periodo troppo breve per trarre conclusioni definitive; ma anche sufficientemente lungo per consentire intanto di accelerare l'uscita dalla crisi, poi si vedrà se e come procedere con i richiami.
Invece per chi non ha avuto il virus l'uso di una sola dose, conclude Genazzani "non è autorizzato, sono autorizzate le due dosi, a distanza di tre mesi per Astrazeneca e 21 giorni per gli altri due vaccini (Moderna e Pfizer)".
"In una fase complicata di una pandemia si può dunque immaginare di coprire tutti parzialmente invece che la metà meglio". Ma questo per AstraZeneca la cui seconda dose va somministrata dopo 3 mesi, osserva l'esperto.
Sul tema hanno espresso cautela i vertici delle istituzioni sanitarie nazionali, al ministero e all'Istituto superiore.
Tuttavia in ambienti governativi e anche nelle dichiarazioni di diversi presidenti regionali, emerge l'intenzione di valutare seriamente questa strada per raddoppiare la platea vaccinata.