Covid/ L’emergenza

I gravi effetti del lockdown sugli anziani in Rsa: lo studio realizzato in Trentino

Verrà presentato l’8 aprile: senza vedere i parenti, si peggiora, ed anche le «stanze degli abbracci» alla fine generano ansia a frustrazione. E il rischio contagio? «Soprattutto dagli operatori non vaccinati»

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BOLLETTINO  
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TRENTO. Non potendo vedere i familiari, in lockdown, gli anziani ospiti delle case di riposo hanno generalmente aggravato il proprio benessere; quando è stato possibile riaprire, il miglioramento è stato evidente. E il rischio di contagio non viene dai parenti (controllati), ma casomai dagli operatori non vaccinati.

Lo afferma un comunicato di Medicina Democratica, citando una ricerca tutta trentina, il cui studio verrà presentato l’8 aprile con un Webinar nazionale dal titolo “RSA e la cura degli anziani non autosufficienti: Quali proposte per il post COVID”, organizzato da “Anchise Comitato Nazionale Famiglie RSA, RSD e Sanità” e da “Medicina Democratica”.

Dagli organizzatori è arrivato l’invito a presentare il protocollo per le visite in presenza, messo a punto da alcune RSA trentine e oramai attivo da più di un mese.

In particolare verranno presentati, dal dott. Livio Dal Bosco, direttore delle APSP Opera Romani di Nomi e Residenza Valle dei Laghi di Cavedine, anche i primi dati di monitoraggio del benessere psicologico dei famigliari e degli ospiti, raccolti in collaborazione con la psicologa e neuropsicologa dott.ssa Giulia Decarli, presso le strutture che hanno attivato le visite in presenza.

Innanzitutto, va chiarito che non è vero che il DPCM vigente blocchi ogni intervento di avvicinamento tra ospiti e famigliari. Anzi, il rapporto n. 6 del 2021 dell’Istituto Superiore di Sanità, al punto 7.1.1., interpretando correttamente il DPCM, recita testualmente: “ogni struttura sanitaria decide autonomamente quale sia il metodo migliore per preservare gli ospiti e gli operatori e prevenire la diffusione del virus, secondo la situazione epidemiologica e secondo i protocolli operativi delle autorità sanitarie.

Le misure dovrebbero essere, però, sempre proporzionate alla situazione epidemiologica e modificabili con riferimento al mutare delle condizioni esterne e interne. Il protocollo, infatti, è stato tecnicamente validato dall’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari.

Continua il rapporto: “Il distanziamento fisico e sociale in diverse tipologie di disabilità riguardanti anche gli anziani, amplificando la condizione di separazione tra il dentro e il fuori della struttura, espone la persona a un rischio maggiore di percezione di tale isolamento come un abbandono da parte di familiari, conoscenti o amici. È noto come tale situazione possa condizionare anche l’effetto delle cure mediche rendendole meno efficaci o portare al loro rifiuto, fino a determinare, in alcuni casi, una prognosi infausta repentina”.

E’ quindi l’Istituto Superiore di Sanità a sollecitare interventi correttivi e ad evidenziare i grandi rischi per anziani e famigliari del perdurare delle condizioni di isolamento e separazione, parlando persino di “prognosi infausta”.

I dati raccolti dopo un mese di sperimentazione, confermano quanto evidenziato nel Rapporto dell’ISS.

Sono stati analizzati i dati della fase 1 quando le strutture erano blindate, della fase 2 con le visite con

stanze vetrate, plexiglas e nylon e della fase 3 con le visite in presenza.

Nella fase 1 i famigliari hanno riferito un forte malessere con quadri di grande preoccupazione, ansia, disturbi del sonno, tristezza e depressione. Tra gli ospiti si sono registrati disturbi del comportamento con atteggiamenti aggressivi, oppositivi e scarsa compliance nei confronti delle terapie, disturbi dell’alimentazione, disturbi dell’umore e tendenza all’isolamento.

Questi vissuti sono stati inizialmente attenuati, ma non superati, con le visite effettuate con barriere (stanze degli abbracci e simili) che hanno generato in una fase iniziale un miglioramento della situazione, ma che poi con il passare del tempo hanno finito per produrre sentimenti di frustrazione, difficoltà comunicative, senso di innaturalità e rabbia.

Con l’apertura alle visite in presenza della fase 3, il quadro è drasticamente cambiato con un diffuso sentimento di felicità e sollievo sia tra i famigliari che tra gli ospiti, con una drastica diminuzione delle problematiche e delle tensioni psicologiche e psico-sociali evidenziate nelle fasi precedenti.

All’incontro, oltre ai dati raccolti, verrà anche presentato un modello di calcolo della probabilità di infezione e successiva malattia COVID, nel caso di visite in presenza alle condizioni definite dal protocollo, unitamente ad un algoritmo di calcolo della probabilità di infezione in relazione alle condizioni di setting ambientale previsto per le visite in presenza.

Risulterebbe evidente come il rischio sia estremamente basso e come la maggior probabilità di introdurre infezioni all’interno delle RSA non sia legata alle visite in presenza dei famigliari ma, semmai, alle attività assistenziali offerte dagli operatori non vaccinati.

L’appuntamento è per giovedì 8 Aprile 2021, alle ore 17.30 ai link

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