Dopo 31 anni Berlusconi lascia Ora il Milan è dei cinesi
Il cinese Li Yonghong è formalmente diventato il nuovo proprietario del Milan, che passa di mano dopo 31 anni di gestione da parte di Silvio Berlusconi. È infatti andato a buon fine il closing con la Fininvest che, a fronte del versamento con cui è stato completato il pagamento, ha ceduto il 99,93% delle azioni alla società veicolo lussemburghese Rossoneri Sport Investment Lux, creata ad hoc dall’investitore cinese.
Ogni fine genera un inizio. Fu così 31 anni fa, con quel passaggio di consegne tra Giuseppe «Giussy» Farina e Silvio Berlusconi che sapeva tanto di salvezza. L’imprenditore di Arcore, re delle televisioni private, prese per i capelli uno dei club più importanti al mondo, che in quel lontano 20 febbraio del 1986 era sull’orlo del fallimento. Un gesto dovuto, pensano alcuni, viste le origini milanesi della famiglia Berlusconi, non un atto ovvio, anche se tutta l’operazione costò «solamente» 6 miliardi delle vecchie lire. Gianni Nardi fu l’ultimo uomo della vecchia gestione che rimase presente anche nella nuova era, per il resto tutto cambiò. Non un passo, ma una vera e propria rivoluzione. Silvio Berlusconi non ha mai amato le mezze misure e ha sempre puntato al massimo, per ottenere anche il minimo successo. Ci stava riuscendo a livello imprenditoriale, tra poco avrebbe fatto altrettanto nel calcio e poi anche nella politica.
Il suo ingresso nel mondo del pallone fu un terremoto, presentandosi ai potenti a modo suo: prese Donadoni dall’Atalanta, strappandolo di fatto alla grande Juventus di Giovanni Agnelli. Un buon biglietto da visita, che fu seguito poi da altre operazioni di mercato rivelatesi sensazionali, come Gullit, Van Basten e Ancelotti. La presentazione ai tifosi in quell’estate del 1986 fu altrettanto originale, e poteva far intuire bene il tipo di personaggio con cui si aveva a che fare: il 18 luglio si presentò con tutta la rosa dei giocatori all’Arena di Milano, atterrando con degli elicotteri, accompagnati dalle note della Cavalcata delle Valchirie.
Un atto di supponenza e presunzione per i vecchi soloni del calcio italiano, che non avrebbero mai immaginato a quale epopea avrebbero assistito da lì a poco. Allo sconosciuto allenatore, Arrigo Sacchi da Fusignano, fu dato un preciso diktat: in tempi brevi essere primi in Italia, in Europa e nel Mondo. Fu proprio così. Scudetto nel 1988, Coppa dei Campioni nel 1989 e 1990, accompagnate da altrettanti Coppe Intercontinentali. In pochi anni il mondo conobbe il Milan di Sacchi, e se ne innamorò per sempre.
Un calcio totale mai visto in Italia, destinato a fare la storia di questo sport. Silvio Berlusconi ha avuto il merito di saper dare continuità ai successi anche con uomini diversi.
L’importante è sempre la maglia, l’unico elemento eterno in una società, non come gli interpreti, destinati a variare. Le vittorie rimasero a tinte rossonere anche senza Sacchi e Van Basten. Fabio Capello, altra geniale intuizione di Berlusconi, Carlo Ancelotti, profondo conoscitore del mondo Milan, imbottirono la bacheca di altri successi: 8 scudetti, 5 Champions League, 3 Mondiali per Club e molto altro ancora, per un totale di 29 trofei in 31 anni, l’ultimo dei quali quella Supercoppa Italiana vinta a Doha nello scorso dicembre con Montella, quando l’era Berlusconi aveva da tempo intrapreso il viale del tramonto. Uno dei presidenti più vincenti della storia, grazie a tanti altri protagonisti come Maldini, Baresi, Nesta, Weah, Shevchenko, Pirlo, Baggio, Savicevic, Kakà, Ibrahimovic, che a loro volta saranno grati in eterno a un personaggio discutibile, ma pur sempre geniale.
Pagine di storia che hanno conosciuto anche le sconfitte: dalla notte di Marsiglia all’incubo di Istanbul, non c’è felicità e successo senza passare dalla sofferenza. La stessa che ha provato quando, dopo diverse stagioni avare di gioie e vittorie, ha accettato di cedere ai cinesi purchè riportino il club rossonero dove merita. Con la morte del cuore ha fatto un passo indietro, per il bene del suo grande amore chiamato Milan. Consapevole che anche da questa fine, ci sarà un nuovo inizio.
LA LETTERA DI BERLUSCONI
«Lascio oggi, dopo più di trent’anni, la titolarità e la carica di Presidente dell’A. C. Milan. Lo faccio con dolore e commozione, ma con la consapevolezza che il calcio moderno, per competere ai massimi livelli europei e mondiali, necessita di investimenti e risorse che una singola famiglia non è più in grado di sostenere.