Boxe, il 2018 è anno nero E Stevenson lotta per la vita
Un colpo dopo l’altro, fino allo sfinimento e alla caduta. La conclusione del Mondiale dei mediomassimi di sabato scorso a Quebec City è un pò la metafora di questo 2018, anno nero per il pugilato. L’ex campione del mondo Adonis Stevenson è ora ricoverato in prognosi riservata, e lotta per la vita, dopo il Ko subìto dal nuovo re della categoria, l’ucraino Gvodzyk. Ma anche la «nobile arte» in se stessa rischia la fine.
Sarebbe un colpo micidiale l’esclusione della disciplina dall’Olimpiade di Tokyo dopo l’indagine del Cio sulle malefatte dell’Aiba e quelle, da dimostrare, del suo nuovo presidente Gafur Rakhimov, businessman che secondo il Dipartimento del Tesoro americano sarebbe «uno dei maggiori criminali dell’Uzbekistan», nazione da cui proviene. E che nella boxe olimpica ha ottenuto lusinghieri risultati da quando questo dirigente ha cominciato ad esercitare la propria influenza.
Qui si arriva a uno dei punti cruciali della gestione Aiba, malversazioni economiche a parte, ovvero la credibilità di certi verdetti del passato e del comportamento di certi giudici, alcuni dei quali, giova ricordarlo, vennero allontanati da Rio 2016 a Giochi ancora in corso. Evidentemente non è ancora stata fatta pulizia, se il Cio ha messo in seria discussione la presenza di questo sport che fa parte delle Olimpiadi fin dall’antica Grecia. Ora il presidente Thomas Bach cerca di rassicurare spingendosi a dire che ad organizzare le qualificazioni potrebbe essere lo stesso Cio, mentre l’ex campione del mondo dei massimi Wladimir Klitschko consiglia di affidarsi alla Wba, uno degli enti professionistici, e il segretario della federboxe russa definisce «stupido» Bach per aver ventilato l’esclusione del pugilato.
E a proposito di decisioni discutibili, a mettere un’altra macchia sull’immagine di questa disciplina c’è stato anche il verdetto nel Mondiale dei pesi massimi dello scorso week end, che ha assegnato il pari a Deontay Wilder (che ha così conservato il titolo) e il redivivo Tyson Fury, che aveva vinto nonostante due atterramenti e ora otterrà come contentino di disputare la rivincita, forse a Wembley.
Ma su tutto prevale in queste ore la preoccupazione per Adonis Stevenson, alle prese con un’emorragia cerebrale: «la nostra preoccupazione è arrivata al limite massimo. Incrociamo le dita e preghiamo Dio», sono le parole di Bernard Barrè, funzionario dell’organizzazione del match.