Mvt- Il campione trentino di sempre Nuova sfida: Bernardi vs Tomasi Votate il vostro atleta del cuore
Nuova sfida tra campioni del nostro sondaggio “Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi”: oggi è tra il pallavolista Lorenzo "Lollo" Bernardi e il re dell'apnea Michele Tomasi.
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LORENZO BERNARDI. Soltanto ad elencare il suo palmares si deve prendere fiato un paio di volte. Così lo lasciamo volentieri fare a lui, a Lorenzo Bernardi, nominato da una giuria specializzata “il miglior giocatore del Ventesimo secolo” assieme a Karch Kiraly. «Vado a memoria: nove scudetti, quattro coppe dei campioni, due mondiali, due europei (che invece sono tre, ndr), un argento olimpico 5 world league... Ah sì, poi tra i premi individuali ci sono la nomina di giocatore del Secolo nel 2001 e nel 1995 il titolo di miglior giocatore europeo in assoluto». Anche la carriera di Lorenzo Bernardi, al pari di quanto accade a molti altri atleti, è cominciata seguendo le orme di un famigliare. «Prima praticavo il nuoto ma mio fratello giocava a pallavolo nel Cus Trento e così nel 1980, o forse 1981 ora non ricordo l’anno esatto, ho provato anch’io. Da allora non ho più smesso. Anzi, ho abbandonato il nuoto e mi sono dedicato esclusivamente al volley: prima a Trento, un anno a Padova, cinque a Modena, dodici a Treviso, due a Trento...». E, come abbiamo visto, in questi anni Bernardi ha vinto tutto quello che si poteva vincere. Grazie a doti fisiche fuori dal comune ma soprattutto grazie ad una tenacia che lo hanno portato ad essere, come si descrive lui stesso «soddisfatto di avere un carattere che mi rende perennemente insoddisfatto». Da giovane seguiva con interesse i campioni del tennis: Edberg, Lendl, McEnroe «per rubare qualche segreto del mestiere di sportivo» spiega. «Mi interessava molto capire cosa bisogna fare per costruire ciò che non hai e nello stesso tempo continuare a sviluppare le doti che già possiedi». Ed è stato questo il grande segreto di Bernardi: un atteggiamento sempre proteso al futuro e al miglioramento, tanto che – a domandarglielo – fatica a isolare un successo tra i tanti che ha ottenuto. «È difficile sceglierne uno. È stato bellissimo il primo Scudetto che ho vinto senza essere nemmeno titolare, ma poi è stato meraviglioso il primo Scudetto da titolare. E poi quello vinto a Treviso dopo quattro anni che lo inseguivamo. Ma poi potrei dire dell’emozione di vincere un Mondiale, quella di consacrarsi nell’edizione successiva vincendo il titolo di miglior giocatore... Insomma è davvero difficile scegliere una vittoria perché ognuna ha la sua storia. Direi che, della mia carriera, più che un successo mi ha gratificato la volontà che avevo di continuare a migliorarmi. E riuscire a farlo è stata la vittoria più bella, quella che ha portato le altre, ottenute sul campo». Al contrario, ci mette pochissimo a focalizzare la sua più grande delusione sportiva: «L’Olimpiade di Barcellona nel 1992, eliminati al quinto set ai quarti di finale». Dunque è anche il sogno irrealizzato? «Devo essere onesto: tutto quello che potevo desiderare nella mia carriera sportiva penso di averlo ottenuto e quindi non potrei proprio chiedere di più. Se proprio si vuole essere pignoli, allora direi che sì, mi è dispiaciuto non aver mai vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi».
MICHELE TOMASI. Pur vivendo sulle rive del lago di Caldonazzo, Michele Tomasi si è avvicinato all’apnea quando aveva ormai 37 anni. Questo, però non gli ha impedito di laurearsi tre vote campione del mondo, battendo ragazzi che potevano essere suoi figli.
Come scoccò la scintilla? «Ero istruttore di subacquea, e la passione mi venne trasmessa da un amico Josef Purrino. Mi fece conoscere le tecniche di respirazione e di rilassamento suscitando in me una grandissima passione».
Ha avuto un modello a cui ha cercato di ispirarsi?
«Enzo Maiorca. Da bambino non mi perdevo le dirette Rai delle sue immersioni. Ho anche avuto la fortuna di incontrarlo: personaggio carismatico».
Come si è avvicinato agli sport d’acqua?
«Vivendo in riva al lago ero sempre in acqua. Fin da bambino avevo una grande passione per l’acqua, mi piaceva immergermi, sentire il silenzio che c’era. A 16 anni ho iniziato le immersioni con le bombole finché ho scoperto l’apnea».
Pratica altri sport?
«A livello agonistico no, ma mi considero un grande sportivo. Faccio windsurf, parapendio, snowboard, sci, sci nautico, vado in mountain bike. Diciamo che senza sport sarebbe dura per me andare avanti. Ora ho accettato la carica di ct dell’apnea outdoor che incompatibile con quella di atleta ho dovuto abbandonare l’agonismo, ma continuo a fare attività comunque».
Come riesce a praticare sport in quarantena?
«Qui a Caldonazzo dentro il nostro campeggio riesco a correre, poi faccio allenamenti in casa».
Qual è stata la soddisfazione più grande della sua carriera?
«Il primo Mondiale a Tenerife e l’ultimo in Turchia. Uno è ovvio: la prima grande vittoria non si scorda mai. L’ultimo perché ormai avevo 51 anni e tutti pensavano che fossi finito. Battere un sacco di giovincelli quando da anni non vincevo più stata una grande soddisfazione».
A cosa si deve questa specie di risurrezione?
«Ho cambiato disciplina, mi sono appassionato alla profondità e ho ritrovato entusiasmo».
E se invece di parla di delusioni?
«Direi tutta l’annata 2004. Non ho indovinato una gara e sono stato lì lì per smettere».
Cos’era successo?
«Ero iper-allenato ma avevo fatto troppe rinunce. E questo è sbagliato. In apnea se non sei sereno con te stesso non puoi ottenere prestazioni».
Come ne è uscito?
«Ho cercato di cambiare testa: mi sono allenato con meno stress cercando un po’ più di divertimento».
Al suo rivale Lorenzo Bernardi cosa invidia?
«Il fatto che ha potuto seguire la sua passione da professionista, dedicando il 100 per cento del suo tempo all’allenamento e alle competizioni. Io, invece sono sempre stato un dilettante, con lavoro e famiglia a cui pensare e tante imprese me le sono auto-finanziate perché sponsor non ce n’erano. Poi è chiaro che la visibilità che ha il volley l’apnea se la scorda».
Tabellone parte sinistra
Tabellone parte destra