Yeman Crippa: il campione trentino tutto d’oro che per la giunta leghista semplicemente "vive qui"
Storia, risultati e successo di un ragazzo delle montagne di passo Daone, arrivato qui con 5 fratelli e due cugini da un orfanotrofio etiope. Cittadino italiano, ha fatto qui le scuole, tifa Inter, è testimonial del Trentino, agente della Polizia di Stato, ma per qualcuno non è abbastanza
TRENTO. «Sono super contento che adesso ci sia anche il mio nome insieme a grandi campioni come Cova, Mei e Antibo, tra gli ori d'Europa dei 10.000 metri. Finalmente ho vinto anch'io, e comincio a scrivere la mia di storia».
Lo dice Yeman Crippa, trentino, 26 anni a ottobre, finalmente vincente e uomo d'oro dell'atletica italiana che ha chiuso alla grande gli Europei di Monaco.
Non solo Jacobs e Tamberi, quindi, visto che gli olimpionici hanno confermato gli ori di Tokyo, ma anche questo ragazzo finora abituato, in ambito continentale, ad altri metalli da podio, e che ha alle spalle una storia di orfano in Etiopia adottato bambino da una coppia trentina insieme a cinque fratelli e due cugini.
Vive a Trento, è cresciuto a Montagne (sopra Tione), ha fatto le scuole qui ed è cittadino italiano. Ma nel salutare la sua vittoria, la giunta provinciale ha fatto una gaffe: «vive a Trento» hanno scritto il presidente Fugatti e l’assessore Roberto Failoni. E non «è trentino». E sono stati travolti dalla rabbia sui social: «Dire che una persona di colore è trentina proprio non vi riesce, a voi leghisti, eh?» è uno dei commenti più velenosi.
Scrive oggi Guido Pasqualini sul giornale l’Adige in edicola: «Quando lo inviteranno in Provincia per festeggiarlo, Yeman Crippa spieghi pure al presidente della giunta Maurizio Fugatti e all’assessore allo sport Roberto Failoni che lui è e si sente sia trentino sia cittadino del mondo. E i due leghisti si scusino per l’infelice comunicato (in foto) con cui intendevano rendere omaggio all’impresa bavarese del mezzofondista giudicariese ora residente a Trento: «Il mezzofondista azzurro, che vive in Trentino - vi si legge -, è salito sul tetto d'Europa con una irresistibile volata iniziata a 250 metri dall'arrivo». Se la nostra provincia può vantare due esponenti di spicco nella nazionale azzurra di atletica leggera, lo deve a un ragazzo nato in Etiopia e a una ragazza - Nadia Battocletti - figlia di un papà trentino e di una mamma marocchina. Sono questi i nuovi italiani che fanno bello non soltanto lo sport, ma la società tutta. «Un esempio di integrazione? Sì, lo siamo, senza fare bei discorsi ma con i fatti. Da noi non ci sono colori o religioni ma un gruppo di ragazzi che si divertono a fare un bellissimo “lavoro”. E io sono orgoglioso di loro». Il presidente della Fidal Stefano Mei si rende conto della fortuna di questa nuova Italia, qualcuno lo spieghi a Fugatti, nato a Bussolengo ma residente in Trentino».
Oggi Yeman Crippa vive in collina a Trento e non è difficile vederlo allenarsi sulle roste dell'Adige, magari insieme all'amico Mohad Abdikadar con il tecnico Massimo Pegoretti a scortarli in bici. Ma nel suo passato ci sono tanti viaggi, tante storie.Nato in Etiopia nell'ottobre 1996, Yemaneberhan - letteralmente in aramaico "il braccio destro di Dio" - si è ritrovato dopo la morte dei genitori in un orfanotrofio di Addis Abeba dove a 7 anni è stato adottato da Roberto e Luisa Crippa, coppia milanese che voleva cambiare vita tanto da stabilirsi a Passo Daone con Yeman e altri cinque fratelli (e due cugini), tra cui Kelemu - il primo a dedicarsi all'atletica - e Neka, ancora oggi tra i migliori protagonisti del mezzofondo italiano, seppur infortunato.
Tra Giudicarie e Rendena, Yeman si è avvicinato prima al calcio (è rimasta la forte passione per l'Inter) per poi essere notato ai giochi studenteschi di corsa campestre dal compianto Marco Borsari che l'ha proiettato progressivamente alla corsa con i colori dell'Atletica Valchiese.Una dozzina di anni fa è passato sotto la guida dell'ex mezzofondista di Villazzano Massimo Pegoretti, crescendo anno dopo anno prima coi colori del Gs Valsugana (2012-2014) per poi arruolarsi nelle Fiamme Oro: il primo successo internazionale è stata la vittoria nella WMRA Youth Cup, campionato del mondo allievi di corsa in montagna nel 2012.
Due anni più tardi, completato il ciclo quadriennali all'istituto alberghiero di Tione, da juniores, ecco il trionfo agli EuroCross Under 20 a Samokov (Bologna), successo ribadito l'anno successivo a Hyeres (Francia), in un 2015 che l'ha visto debuttare anche sul podio della pista con il terzo posto agli Europei Juniores. Lunghissimo, nel frattempo, l'elenco di titoli e medaglie ai campionati italiani giovanili, da cadetto a under 23: da segnalare invece i 5 titoli italiani assoluti colti tra cross (2016 e 2019) e pista, incluso quello nei 5000 metri del 2022.Trasferitosi a Trento, nel 2017 ha stabilito il primato italiano assoluto dei 5000 al coperto in 13'23''99 a Birmingham e si è laureato campione europeo under 23 in volata con un'entusiasmante rimonta. Nel 2018 ha tolto a Francesco Panetta le migliori prestazioni nazionali promesse di 5000 e 10.000 che risalivano al 1985, ma anche quella dei 3000 a Stefano Mei con 7'43''30, e poi è arrivato il bronzo sui 10.000 agli Europei di Berlino.
Ai Mondiali di Doha nel 2019 ha battuto dopo trent'anni il record italiano di Salvatore Antibo nei 10.000 con 27'10''76, finendo ottavo. Nel 2020 altri primati nazionali: 5000 (13'02''26 a Ostrava) e 3000 (7'38''27 a Roma), oltre che quinto azzurro alltime nei 1500 (3'35''26). Nel 2021 un nuovo miglioramento nei 3000 con 7'37''90 e nel 2022 il record italiano di mezza maratona con 59'26'' a Napoli, secondo europeo di sempre: se nel presente e nel passato c'è tanta pista, la strada sembra essere il suo futuro, con un prossimo approdo alla maratona.
Ma non è bianco di pelle. È quindi uno dei tanti “italiani di seconda generazione” che stanno riportando in alto il tricolore nella disciplina regina dei Giochi e hanno composto per un terzo la squadra azzurra dei 98 selezionati per Monaco.
La metà dei migliori di loro, ovvero coloro che sono arrivati in finale, è nata in Italia da genitori stranieri o è arrivata in tenera età.
L'Italia dell'atletica è quindi un vero esempio di integrazione, come sottolinea il presidente della Fidal, l'ex campione Stefano Mei. «Sì, lo siamo, senza fare bei discorsi ma con i fatti – dice – Da noi non ci sono colori o religioni ma un gruppo di ragazzi che si divertono a fare un bellissimo “lavoro”. E io sono orgoglioso di loro, solo adesso comincio a rendermi conto di ciò che abbiamo fatto, alla faccia di certi "soloni” che hanno sottolineato che a Monaco mancava la Russia».
L'Italia dell'atletica è quelle delle staffettiste di bronzo Dalia Kaddari, di padre marocchino e madre sarda, e Zaynab Dosso, ivoriana fino a sei anni fa. Una lunga corsa, cominciata anni fa, ad esempio col quartetto definito total black e che provocò polemiche a livello politico con interventi di Saviano e Salvini quando, nel 2018 a Tarragona, Libania Grenot, Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso e Raphaela Lukudo vinsero l'oro della 4X400 ai Giochi del Mediterraneo di Tarragona.
Quanto a Crippa, un fastidio al piede destro aveva negato la partecipazione ai Mondiali di Eugene. Amareggiato, Yeman aveva spostato l'obiettivo sugli Europei dell'Olympiastadion, e i risultati gli hanno dato ragione. Prima il bronzo dei 5000, poi la gloria del titolo continentale, sulla distanza in cui era stato ottavo ai Mondiali di Doha tre anni fa con il record italiano (27:10.76), prima perla di una collezione che negli anni si sarebbe arricchita con i record su pista dei 3000 (7:37.90) e dei 5000 (13:02.26).
Ora l'oro e il bronzo in Baviera consacrano una stagione che si era aperta con il primato nazionale della mezza maratona a Napoli in febbraio, prima volta di un italiano sotto il muro dell'ora (59:26). Poi l'infortunio, lo stop, la voglia di tornare più in forma di prima, lavorando in altura a St. Moritz. E il capolavoro di Monaco che rilancia il mezzofondo azzurro verso il ruolo che gli spetta, insieme alle medaglie dei siepisti, anche loro italiani di seconda generazione e che hanno dovuto attendere di compiere 18 anni per avere cittadinanza e casacca azzurra, Ahmed Abdelwahed che viene da Ostia e il trapanese Osama Zoghlami.
Ma Crippa preferisce parlare di se stesso, raccontare la propria storia e i suoi sogni. «Spero che questa vittoria sia un punto di partenza. E' un oro più bello di come me lo ero immaginato – dice – sapevo dall'inizio che, se il norvegese fosse andato via, sarei andato a riprenderlo. Ma finché non raggiungerò i migliori al mondo non sarò soddisfatto. Ora mi godo questa medaglia, poi con il mio allenatore Massimo Pegoretti cercheremo di capire come raggiungere i rivali che ho davanti. Ho vinto in Europa, ma il Mondiale e l'Olimpiade sono un'altra cosa».
E pensare che da piccolo, in Italia nella sua nuova famiglia, desiderava fare il calciatore («giocavo da centrocampista centrale»), magari in quell'Inter per la quale fa tuttora il tifo.
Ma la voglia di correre ha prevalso e va benissimo così, non solo per le vittorie e i primati ma perché «in Etiopia mi aspettava un'esistenza misera, in orfanotrofio. Sono partito dal nulla. Avere dei vestiti e dei libri di scuola in Trentino era già tantissimo, mi sento tanto fortunato di essere potuto venire in Italia e di aver scoperto che c'è un'altra vita. Mi è stato dato un futuro diverso, migliore. È questo il motivo per cui questo oro che ho aspettato a lungo lo dedico a me stesso: agli Europei ho trasformato la delusione per il forfait ai Mondiali in una cosa positiva. Lo avevo detto, e sono stato di parola».