Pesticidi in Val di Non, cresce l'esasperazione
«Un modello di coltivazione frutticolo, quello intensivo, ormai obsoleto, insostenibile non solo per la Val di Non ma anche per il Trentino, che necessita di un restyling di carattere produttivo, ambientale, paesaggistico per poter, assieme alle altre attività economiche ed in particolar modo con il turismo, offrire un offerta economica originale e peculiare e soprattutto ambire a coprire il ruolo di protagonista per un territorio rispettoso dei valori esistenziali primari per ogni comunità: salute, qualità della vita, rapporti sociali, tutela ambientale e paesaggio» I tuoi commenti
«Un modello di coltivazione frutticolo, quello intensivo, ormai obsoleto, insostenibile non solo per la Val di Non ma anche per il Trentino, che necessita di un restyling di carattere produttivo, ambientale, paesaggistico per poter, assieme alle altre attività economiche ed in particolar modo con il turismo, offrire un offerta economica originale e peculiare e soprattutto ambire a coprire il ruolo di protagonista per un territorio rispettoso dei valori esistenziali primari per ogni comunità: salute, qualità della vita, rapporti sociali, tutela ambientale e paesaggio».
Questo quanto affermato dai rappresentanti del «Comitato per il diritto alla salute in Val di Non» in occasione dell'incontro avuto con l'assessore provinciale all'agricoltura Michele Dallapiccola , richiesto dal citato comitato, cui hanno preso parte anche i dirigenti provinciali Romano Masè (territorio, agricoltura, ambiente e foreste) e Adriano Dagostin (agricoltura).
I rappresentanti del Comitato hanno illustrato, con analisi biologiche ed ambientali, la situazione di rischio sanitario in valle, dovuta ai trattamenti fitosanitari nel meleti, sottolineando ad esempio il caso del rio Ribosc, dove sono stati trovati 12 tipi di pesticidi in quantità superiori a quanto previsto dalle norme. A Dallapiccola sono state indicate 18 possibili «azioni virtuose»: tra le più impellenti una riguarda direttamente il protocollo seguito dagli agricoltori, dove dovrebbero essere esclusi i principi attivi più pericolosi per la salute, quali il clorpirifos, il captano, il diserbante glifosate, ed i neonicotinoidi che causano la moria delle api.
Secondo il Comitato sarebbe inoltre necessario intervenire nei Piani territoriali di Comunità, per inserire fasce di rispetto di 30 metri dagli insediamenti residenziali, dove sia impedito l'uso di pesticidi di sintesi; altrettanto lo è definire un piano provinciale di monitoraggio, strutturato e sistematico, della contaminazione da deriva di pesticidi nelle aree non agricole.
All'assessore è stato chiesto di prendere posizione su queste tematiche, in tempi brevi, «per evitare ulteriori malcontenti di cittadini». Nessuna risposta per ora; ma il Comitato auspica «che la proposta venga accolta concretamente, nell'interesse di tutti i cittadini».