La nuova vita alla Consulta per la ex rettrice de Pretis
M a quanto sei bella Roma, da quassù. La vista sul mare dei tetti, delle cupole, dei palazzi (del potere e del sacro) della città più stupefacente del mondo, corrotta ma eterna, è ancora migliore che dalla finestra di Napolitano, lì vicino.
Dalla terrazza della Consulta, in cima al colle del Quirinale, si abbraccia una storia millenaria, e tutti i segni della gloria mundi . Il palazzo, che fu dei papi come il Quirinale («Fabbrica della Sagra Consulta», effettuata, per volere di Clemente XII, negli anni 1732-1737, su progetto dell'architetto fiorentino Ferdinando Fuga), ospita la Corte costituzionale, composta attualmente da 11 uomini e 3 donne, tra cui, da meno di un mese, l'ex rettrice dell'università di Trento Daria de Pretis.
Nel magnifico palazzo ex papale al Quirinale, con il presidente della Repubblica come dirimpettaio, la docente di diritto amministrativo Daria de Pretis , da re Giorgio prescelta, abita la stanza della Regina e dovrà decidere sulla fedeltà delle leggi alla loro «regina», la Costituzione, e sui conflitti tra poteri dello Stato. Un domani, magari, su un ricorso della Provincia autonoma contro il governo, magari. Mica c'è l'incompatibilità etnica. Quassù siamo nell'empireo del diritto, i giudici costituzionali, benissimo pagati, assurgono all'autorevolezza dei quasi puri spiriti.
Mai nessun giurista della nostra terra aveva avuto un simile onore, se si esclude Luigi Mengoni , fratello del presidente della Provincia, tra il 1987 e il 1996.
Sono loro i custodi della Carta più importante che abbiamo, della regina di tutti i nostri diritti e doveri, quella Carta che neppure gli scandali di «Mafia capitale» riusciranno a sporcare, perché è la più bella del mondo (come dicono, a ragione, Benigni e Bersani).
Certo, per i custodi della Costituzione ci sono ancora sontuose indennità e privilegi eccellenti: d'altronde, al titolo di «eccellenza» avrebbero diritto ancora, sulla carta.
A Daria de Pretis, insediata l'11 novembre, che il presidente la chiami professoressa, non dispiace. E pazienza se, nella prima seduta, il neoeletto Alessandro Criscuolo , quarta carica dello Stato, inciampa nel leggere l'espressione inglese gender studies , cioè studi di genere, che fanno parte del ricco curriculum della docente trentina: quassù alla Consulta tutti dicono «il giudice» anche se si tratta di donna, e de Pretis che lottò per farsi chiamare rettrice non alzerà le barricate per ottenere la semplicissima commutazione da «il» a «la» giudice.
Alla faccia del linguaggio di genere imparato dai giornalisti ai corsi di formazione, l'Ansa proclama «Il neo Giudice Costituzionale Daria De Petris», e sbaglia pure il cognome. «A nome di tutto il Collegio - ha esordito Criscuolo il 2 dicembre - ho il piacere, in questa udienza, di dare il più caloroso benvenuto ai tre nuovi Giudici costituzionali» ( Sciarra , de Pretis, Zanon ). «I nuovi giudici, ne siamo certi, sostituiranno nel modo più degno i Colleghi emeriti ai quali subentrano. Ne rende fede il curriculum prestigioso di ciascuno di essi...». Prestigioso è anche lo stipendio, in una Corte costosissima (vedi scheda).
Per dare modo alla neogiudice di percorrere una sorta di alto apprendistato, le prime due cause affidatele come relatrice, andranno in camera di consiglio verso marzo-aprile 2015, dandole il tempo di studiare, e imparare. E pensare.
Le danno però anche tutti i mezzi necessari per riflettere bene: non solo l'auto blu dedicata (anche per ragioni di sicurezza) - avrebbe diritto all'autista anche a Trento, ma ha rinunciato - ma soprattutto un fior di struttura di supporto: tre consiglieri giuridici (uno è il magistrato trentino Aldo Giuliani ), e tre componenti dello staff di segreteria (una arriverà da Trento). Sei persone per ogni giudice, un super staff!
La Corte è un antichissimo orologio regolato con svizzera precisione: i nuovi arrivati (la carica è a rotazione, la durata massima è di nove anni) si siedono alle estremità esterne del tavolo a ferro di cavallo nell'aula delle udienze: de Pretis è capitata vicino a Giuliano Amato , da sempre pronosticato per tutte le cariche più alte dello Stato. Alla sua destra c'è la sedia vuota del giudice «politico» che il centrodestra non ha ancora deciso.
E i nuovi giudici prendono l'ufficio che i più anziani decidono di lasciare libero, al secondo piano della Consulta. Alla professoressa de Pretis hanno lasciato lo studio che fu di Sabino Cassese , insigne costituzionalista: e così alle sue spalle la protegge, in un nobile ritratto ovale a figura intera, la buon'anima della regina Margherita. Nel palazzo che vigila sulla Costituzione repubblicana di cui la Carta è regina, insomma, paradossalmente si respira ancora aria dinastica di Savoia... E dalla finestra, che si apre sul lato del vicolo di Mazzarino, Daria de Pretis non vede il Quirinale ma i bellissimi giardini Pallavicini, oasi verde.
La Consulta è forse il palazzo più solenne del potere romano ma insieme è quello meno arcigno in quanto a misure di sicurezza all'ingresso: se un ospite è atteso da uno/una dei/delle giudici, un assistente scende a prenderlo per il meraviglioso scalone, e l'accompagna al secondo piano senza che nessuno lo passi ai raggi X, come invece accade in tutti i palazzi e palazzotti della politica.
Infine, la sala delle udienze, che riluce di stucchi dorati: de Pretis, dal suo scranno, vede un dipinto con una magnifica scena biblica, hard: Giuditta ha tagliato la testa del nemico Oloferne, e la tiene per i capelli. La suprema giustizia (genere femminile) che prevale sul più superbo potere (genere maschile).