Astrosamantha conquista gli studenti trentini
Ottocento studenti trentini hanno incontrato questa mattina all’auditorium Santa Chiara Samantha Cristoforetti, e molti altri hanno potuto seguire l’incontro in web streaming, per questa prima data del «Post Flight Tour»
Ottocento studenti trentini hanno incontrato questa mattina all’auditorium Santa Chiara Samantha Cristoforetti, e molti altri hanno potuto seguire l’incontro in web streaming, per questa prima data del «Post Flight Tour» che gli astronauti reduci dalla loro straordinaria permanenza nella stazione spaziale internazionale condurranno attraverso tutta l’Italia, per iniziativa di Esa, Asi e Aeronautica militare.
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Ad aprire l’incontro il governatore Ugo Rossi, che aveva precedentemente consegnato all’astronauta, di origini trentine, l’Aquila di San Venceslao, la massima onorificenza della Provincia autonoma di Trento, e che ha augurato agli studenti in platea, che stanno costruendo la loro «rampa di lancio», di spiccare il volo e raggiungere i risultati che desiderano nella vita. Sul palco anche il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston, nonché docente all’Università di Trento, che ha lodato l’impegno del Trentino nella ricerca scientifica e nell’alta formazione, «da cui nascono imprese come questa», ed il generale dell’aeronautica militare Claudio Salerno, che ha invitato gli studenti ad impegnarsi nello studio perché «ogni traguardo è raggiungibile, e quindi, aspetto alcuni di voi qui su questo palco fra una decina di anni».
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Ad introdurre l’incontro con gli studenti è stato Michele Lanzinger, direttore del Muse di Trento, che questa sera ospiterà anche l’incontro aperto a tutta la cittadinanza.
Samantha Cristoforetti giocava un po’ in casa, avendo studiato - anche - a Trento, ma con un quarto anno di superiori trascorso all’estero, negli Usa, una esperienza che ha caldamente consigliato agli studenti. Con l’aiuto di alcune spettacolari fotografie, e della sua naturale empatia, ha illustrato per circa un’ora e mezza la sua avventura nello spazio, dal viaggio nella capsula spaziale lunga 7 metri, «legati ai sedili come salami, fin quando non mi sono sciolta e ho sentito per la prima volta la sensazione di fluttuare nello spazio, convincendo pian piano il mio cervello che non stavo cadendo da nessuna parte», fino all’arrivo alla stazione spaziale internazionale, dove si fa ricerca in assenza di peso. Qui i «nuovi venuti» sono stati accolti da altri tre astronauti che erano lassù da qualche mese. Per fare cosa? Innanzitutto circa 200-250 esperimenti, che hanno occupato un arco di circa 6 mesi, condotti per per conto delle diverse agenzie spaziali.
Cristoforetti ha illustrato naturalmente il significato di alcune di queste ricerche, ma anche la vita quotidiana condotta dagli astronauti, per quanto riguarda ad esempio l’attività fisica - fondamentale un tapis roulant - o l’alimentazione. «Il bere è fondamentale - ha detto Astrosamantha - ma l’acqua sulla stazione spaziale è poca e va continuamente riciclata». Nello spazio vanno quindi riciclati anche i liquidi corporei, «ma siamo riusciti a farci persino il caffè», mentre il cibo è liofilizzato e raramente lassù ci si può permettere il lusso di consumare cibo fresco come le mele, «solo quando arriva un veicolo cargo dalla Terra».
Nel corso dell’incontro, Samantha Cristoforetti è riuscita a trasmettere agli strumenti l’emozione della vista della terra dallo spazio. La terra con le sue peculiarità geologiche, che da lassù risaltano in maniera particolare, con i suoi oceani, con i suoi fenomeni naturali come i cicloni, per approdare infine alle Alpi, e al Trentino.
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«C’è stato un giorno in cui ti sei svegliata senza la voglia di fare nulla se non guardare la terra dallo spazio?», le ha chiesto fra l’altro uno studente. «Non proprio - ha risposto l’astronauta sorridendo - . Anche lì come sul nostro pianeta ci si sveglia a volte con la ‘luna storta’, ma il non fare nulla non è contemplato. Al mattino è il computer che ci ricorda cosa dobbiamo fare, per prima cosa abbiamo una riunione via radio con tutti i centri sulla terra collegati con noi e poi si inizia con il programma».
E quando si ritorna «con i piedi per terra»? Ci vuole un po’ di tempo. «Né i muscoli né soprattutto il cervello sono ‘tarati’ per fare uno sforzo come sollevarsi in piedi, dopo 200 giorni di fluttuazioni nello spazio. Il proprio corpo, ma anche ogni oggetto con cui si viene in contatto, sembra pesantissimo».
Ma soprattutto, «al momento del rientro non mi sentivo pronta a tornare».