Non basta obbedire: ora i robot devono capire
Proprio come gli uomini, anche per i robot non è più sufficiente obbedire a un comando in modo automatico: devono capire perché devono eseguire una determinata azione.
Non è in arrivo una ribellione delle macchine, ma una rivoluzione voluta dall’uomo per poter vivere con i robot nel modo migliore, sia nei luoghi di lavoro sia nelle case, all’insegna dell’efficienza e della sicurezza.
L’appello al cambiamento arriva dalla rivista Nature Machine Intelligence e nasce dalla collaborazione tra l’università britannica di Birmingham, l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, l’Università di Pisa, la Queensland University of Technology di Brisbane e l’agenzia spaziale tedesca Dlr.
I ricercatori sono gli stessi che nel febbraio scorso avevano invitato la comunità scientifica internazionale ad andare oltre le classiche leggi della robotica fissate da Isaac Asimov, fissando le prime regole al mondo tese a rendere più semplice la convivenza fra uomo e automi. Quello che sta emergendo è che i robot hanno bisogno di conoscere la ragione per cui compiono un lavoro e se le condizioni in cui operano siano in sicurezza per loro stessi e per gli esseri umani con cui interagiscono, rileva il primo autore della ricerca, Valerio Ortenzi, dell’Università di Birmingham.
«Immaginate di chiedere a un robot di passarvi un cacciavite in un laboratorio: i codici in possesso del robot - spiega Ortenzi - lo spingeranno a impugnare il manico e passarvi il cacciavite dalla parte sbagliata, compiendo un ‘passaggio di consegnè pericoloso. Il robot invece ha bisogno di sapere qual è l’obiettivo finale di un’azione, al fine di ripensare la sua attività e di adattarla al contesto». Un altro esempio eloquente riguarda i futuri robot domestici, come quelli che un giorno nelle case o negli ospedali dovranno assistere gli anziani: «il robot - prosegue - non deve solo impedire che il bicchiere cada o che si versi l’acqua, ma deve capire a chi lo passerà».
Per raggiungere questo risultato serve «un algoritmo che misuri in modo nuovo il valore del successo dell’azione di un robot», spiega Controzzi, dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna. Servono anche sistemi di visione e Intelligenza Artificiale in grado di far vedere alla macchina l’oggetto e determinarne la proprietà, per esempio se si tratta di un oggetto rigido o flessibile.
L’obiettivo ultimo è ottenere una nuova generazione di robot in grado «non solo di operare con successo in situazioni complesse, ma soprattutto - rileva - di collaborare in modo sicuro ed efficace con l’uomo». Vale a dire che «i robot hanno bisogno di una nuova filosofia», osserva Matteo Bianchi, dell’Università di Pisa. Adesso non resta che coinvolgere l’intera comunità scientifica per mettere a punto i nuovi strumenti per arrivare a quello che gli esperti di robotica chiamano «l’algoritmo finale». Il primo appuntamento potrebbe esserci già in autunno.