«Onori agli Standschützen,  persone a torto dimenticate»

Nelle trincee del Nagià-Grom, domenica prossima verrà inaugurato Il primo monumento in regione per ricordare gli Standschützen che combatterono nei ranghi austriaci in Vallagarina sarà inaugurato domenica sul Nagià-Grom, alla presenza del Gruppo alpini «Remo Rizzardi» di Mori, che da più di un decennio lavora per ripulire le trincee del Biaena, e del Gruppo storico trentino

di Laura Galassi

 StandschützenMORI - Il primo monumento in regione per ricordare gli Standschützen che combatterono nei ranghi austriaci in Vallagarina sarà inaugurato domenica 26 maggio sul Nagià-Grom, alla presenza del Gruppo alpini «Remo Rizzardi» di Mori, che da più di un decennio lavora per ripulire le trincee del Biaena, e del Gruppo storico trentino.
La presenza dei bersaglieri accanto ai reparti regolari dell'esercito è un argomento poco indagato della storia del Primo conflitto mondiale, anche se il contributo degli Standschützen nella costruzione di strade, nei turni di guardia e nei servizi alle truppe fu molto prezioso. Sabato alle 20.30 a teatro sarà inaugurata un'esposizione tematica su «Standschützen e Alpini tra Monte Nagià Grom e Fiume Adige», mentre domenica, nel reparto cucine delle trincee grestane, dalle 9.15 si svelerà il monumento ai caduti e la lapide a Franco Silli, l'alpino moriano che più di tutti ha voluto valorizzare i reperti storici.
L'area tra Manzano e Nomesino era dotata di caverne per il ricovero dei soldati, baracche, postazioni cannoniere, magazzini, una cisterna per l'acqua e una cucina da campo con numerosi fuochi. Le posizioni erano collegate da camminamenti che garantivano lo spostamento dei soldati al riparo dal tiro nemico. Qui non vi furono mai vere e proprie battaglie e per questo lo stato di conservazione è buono.
Ogni sasso faticosamente rimesso a posto dagli alpini, ogni postazione e ogni cunicolo ripuliti dalle erbacce sono opera anche degli Standschützen. Chi erano questi bersaglieri? «Erano un gruppo paramilitare, di madrelingua tedesca e italiana, formato al tiro a segno che, in caso di aggressione, era incaricato della difesa territoriale tirolese. I battaglioni erano formati da minorenni o da persone sopra i 50 anni, coloro che erano esclusi dalla chiamata alle armi», spiega Oswald Mederle, membro dell'associazione Un territorio due fronti e vicepresidente dell'Associazione storica tirolese di Bolzano. «Gli ufficiali li snobbavano, perché non sapevano marciare». Con l'esercito austriaco impegnato contro la Russia in Galizia, gli Standschützen in Trentino hanno sopperito alla carenza di truppe regolari. All'inizio della guerra il confine austriaco si trovava sulle pendici del Baldo, ma progressivamente la difesa si spostò in Val di Gresta, dove le posizioni erano più difendibili. «Dal 1914 i bersaglieri avevano cominciato a costruire fortificazioni sul Creino. Il Nagià-Grom dapprima era un piccolo avamposto, poi venne ampliato. Nella zona erano di stanza tre battaglioni: gli Standschützen Battailon Bressanone, quelli di Kitzbühel e il Reutte Uno», fa notare Mederle.
Le unità di madrelingua italiana all'inizio hanno servito con devozione l'Impero, ma poco alla volta le formazioni si sono dissolte e riunite con i tedescofoni. «È difficile trovare informazioni di unità trentine all'archivio di Innsbruck o Vienna. Come conseguenza del trattato di Saint-Germain, nell'autunno 1919 tutti gli atti riguardanti i Trentini tirolesi furono consegnati in più carrozze ferroviarie alle autorità italiane. Purtroppo nessuno sa dove siano andati a finire», constata con amarezza lo studioso.
L'associazione storica tirolese ha cominciato a indagare la presenza degli Standschützen dopo essere stata invitata dagli alpini moriani a lavorare spalla contro spalla nel ripristino delle trincee. Senza pensare troppo alle bandiere per le quali gli antenati avevano combattuto, le due associazioni hanno deciso di rendere memoria ad ambo le parti. «I bersaglieri sono un gruppo di persone dimenticate che meriterebbero gli onori degli altri combattenti», sottolinea lo studioso che collabora con il Museo della guerra.

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