«Operazione acciaieria, non c'è trasparenza»

Dove sono i soldi? A chiederlo è l'avvocato Mario Giuliano del Foro di Trento, che si occupa degli interessi di alcune persone che si dicono danneggiate dall'inquinamento ambientale di Borgo Valsugana e dei suoi dintorni. Si parla dei fumi prodotti dall'Acciaieria Valsugana, al centro di un filone dell'inchiesta promossa a partire dal 2007 dalla Procura di Trento in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato

di Andrea Tomasi

Dove sono i soldi? A chiederlo è l'avvocato Mario Giuliano del Foro di Trento, che si occupa degli interessi di alcune persone che si dicono danneggiate dall'inquinamento ambientale di Borgo Valsugana e dei suoi dintorni. Si parla dei fumi prodotti dall'Acciaieria Valsugana, al centro di un filone dell'inchiesta promossa a partire dal 2007 dalla Procura di Trento in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato. Il legale, che ha parlato di una possibile nuova denuncia per disastro ambientale chiamando in causa anche la Provincia di Trento per favoreggiamento (cronaca degli scorsi mesi), ora mette il naso nel concordato preventivo per la cessione del ramo di azienda della società che fa capo alla famiglia Leali, famiglia famosa in tutto il Paese per le attività imprenditoriali nel settore dell'acciaio.

 


«L'Acciaieria Valsugana - spiega Giuliano - adesso è in concordato preventivo (una procedura che consente all'impresa, in accordo con i debitori, di evitare il fallimento eliminando i debiti contratti attraverso un piano di risanamento, ndr). E noi stiamo cercando di ottenere un accantonamento: un fondo rischi per garantire un congruo risarcimento ai danneggiati, anche se al momento è in corso una procedura fallimentare della proprietà».
 

Voi temete che a breve ci possa essere il «via libera» del Tribunale fallimentare al concordato preventivo. Che cosa significherebbe per voi?
«Questo comporterebbe che la società autrice o comunque, a nostro avviso, responsabile di quello che secondo noi è un disastro ambientale non avrebbe più le risorse per far fronte al pagamento di eventuali risarcimenti. Quindi è necessario che proprio nella cornice del concordato preventivo, venga previsto un fondo rischi in maniera che vengano accantonati sufficienti risorse finanziarie per per pagare i risarcimenti».
 

Un fondo rischi che è stato sostanzialmente svuotato. Conteneva 400 mila euro.
«Sì. Era stato costituito un fondo rischi di 400 mila euro, la cui entità - come ho fatto osservare - era peraltro insufficiente. Il segretario giudiziale ha osservato che finora non sono state avviate cause e questo, secondo lui, scongiurerebbe il rischio che poi debbano essere pagati dei risarcimenti. Però è un discorso non condivisibile: cause di quel genere, che sono molto costose, non si possono avviare se non ci sono degli accantonamenti economici. Quelle cause le parti danneggiate non le fanno. Fare una causa, vincerla, e poi appendere al muro la sentenza non eseguibile non avrebbe senso. Per questo chiediamo il ripristino del fondo rischi, con una somma congrua».
 

Lei parla di risarcimenti e di fondo rischi ma di quanti soldi ci sarebbe bisogno?
«Ah bè, è difficile dirlo perché non sappiamo quanti possono essere i danneggiati. Potenzialmente sono centinaia. Per quegli 8 individuati finora abbiamo calcolato un danno che da solo supera i 3 milioni di euro: una cifra comunque molto superiore a quella messa da parte in un primo momento».
 

Avvocato, lei ha anche fatto degli studi sugli intrecci societari che fanno capo al nuovo titolare dell'acciaieria di Borgo Valsugana.
«Nei giorni scorsi ho fatto una ricerca su Leali Steel, attuale affittuaria degli impianti di Acciaieria Valsugana e candidata a subentrare nella proprietà dello stabilimento all'esito del concordato preventivo in corso. La società che ha preso finora in affitto l'azienda è poi destinata a subentrare anche nella proprietà degli impianti. Ed è interamente posseduta da una società olandese. Io ho cercato di risalire alla fonte per vedere se si riusciva a capire quali sono le persone fisiche che stanno dietro e quale è la consistenza patrimonale di tali soggetti. Però ho trovato il solito meccanismo delle scatole cinesi: una fila di società senza alcuna consistenza patrimoniale compatibile con un'operazione di queste proporzioni (stiamo parlando di più di 20 milioni di euro). Ebbene la società olandese proprietaria di Leali Steel, l'affittuario d'azienda, ha un capitale di 18 mila euro. È posseduta da un'altra società olandese che ha un capitale di un euro, la quale a sua volta è posseduta da una società di Malta che ha un capitale di 5 mila euro, la quale ha come socie due società di Jersey, paradiso fiscale. In pratica non abbiamo una consistenza patrimoniale compatibile con un'operazione di queste dimensioni».
 

E quindi?
«Non si sa da dove vengono i soldi. Questo il signor Klesch (del gruppo Klesch subentrante nella gestione dello stabilimento, ndr) ce lo dovrebbe spiegare. Non individuano, nonostante 4 passaggi attraverso 4 Paesi, le persone che stanno dietro l'operazione. Qualcuno si nasconde. Per quale motivo?».

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