Le mamme postino battono le Poste Italiane
Le mamme postino battono il gigante Poste Italiane. È stato infatti annullato dal Tribunale il trasferimento di due portalettere - donne con pesanti carichi familiari - che sulla base della mobilità provinciale si erano viste sradicare dai loro posti di lavoro e assegnare ad altri centri di distribuzione della provincia
TRENTO - Le mamme postino battono il gigante Poste Italiane. È stato infatti annullato dal Tribunale il trasferimento di due portalettere - donne con pesanti carichi familiari - che sulla base della mobilità provinciale si erano viste sradicare dai loro posti di lavoro e assegnare ad altri centri di distribuzione della provincia.
Tutto ciò a causa di una bizzarra - e ora in giudice Giorgio Flaim ha stabilito anche essere errata - interpretazione sugli accordi, sottoscritti su base provinciale con i sindacati nel maggio 2013, in tema tra l'altro di «riequilibrio» nel settore del racapito. Si trattava in sostanza di trasferire dei postini in aree con particolare carenza di personale. In prima istanza i posti venivano offerti su base volontaria. Qualora non ci fossero disponibilità per i posti rimasti vacanti, si sarebbe proceduto con mobilità collettiva. I posti dove nessuno voleva andare erano cinque: uno a Trento Dogana, uno a Vezzano e tre a Rovereto.
In assenza di volontari, l'azienda doveva pescare da una graduatoria che teneva in conto in primis della situazione familiare (con punteggi modulati a seconda del numero dei figli, della loro età, dei casi di famiglia monoparentale) e, con peso inferiore, dell'anzianità di servizio.
Nella graduatoria vennero inseriti 18 lavoratori. Il fatto sorprendente è che la direzione di Poste ha pescato dall'alto della graduatoria, dunque tra gli addetti al recapito con maggiori problemi familiari, e non dal basso. Per qualcuno ciò significava non riuscire più a conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia. C'era il caso, per esempio, di una portalettere di Pergine con tre figli a carico in età scolare. L'assegnazione all'ufficio di Vezzano faceva saltare i già difficili "incastri" d'orario familiari.
Due dei cinque dipendenti trasferiti, supportati dal sindacato Failp Cisal e assistiti dall'avvocato Barbara Balsamo, hanno fatto ricorso. Il giudice prima ha congelato i trasferimenti, poi li ha annullati ritenendo il comportamento del'azienda «manifestatamente incoerente» rispetto ad un accordo che invece puntava proprio a tutelare le famiglie. «Giustizia è fatta - commenta soddisfatto il segretario Failp-Cisal, Marcello Caravello - rimane incomprensibile l'atteggiamento del responsabile di Mestre che di fatto ha danneggiato l'immagine di un'azienda come Poste, insignita del bollino rosa dell'Unione europea proprio per la sua sensibilità verso i problemi delle mamme lavoratrici».