Le bombe Nato nel lago di Garda un silenzio lungo sedici anni
Se ne riparla in Parlamento con una interrogazione della deputata Basilio (M5S)
Le sei bombe/missili sganciate da un caccia F15 statunitense il 16 aprile 1999 nel lago di Garda, approdano di nuovo in Parlamento.
La deputata bresciana del Movimento 5 stelle, Tatiana Basilio, ha presentato un’interrogazione al governo per sapere degli ordigni e della loro eventuale pericolosità.
Il 16 aprile 1999, durante la guerra in Kosovo, un F15 Nato in difficoltà in fase di atterraggio all’aeroporto militare di Ghedi, sganciò nelle acque benacensi al largo di Toscolano Maderno il suo carico di sei bombe.
«In relazione al tipo di ordigni sganciati dall’F15 sussiste la possibilità, più o meno concreta, della rottura del contenitore detto “canister” all’impatto con l’acqua e della contemporanea presenza all’interno delle acque del lago di Garda di numerose “bomblet” che possono essersi armate sulla base di una semplice rotazione». Questo scriveva il 9 giugno 1999 il procuratore di Brescia, Giancarlo Tarquini, che dispose la ricerca dei dispositivi bellici. Si riferiva alle cosiddette bombe a grappolo o a frammentazione o “cluster”. Tre delle sei sganciate. Che si aprono e liberano circa 200 bombette. Le “bomblets”, se non scoppiano all’impatto sono pericolose come mine antiuomo.
Da allora furono effettuate ricerche durate mesi in tutto il basso lago. Riemerse materiale bellico di ogni tipo. Ma non gli ordigni Nato. Nessuna autorità civile o militare comunicò mai nulla ai sindaci gardesani.
Da allora sono passati più di 16 anni, e degli ordigni ormai subacquei non si è avuta più notizia. «Il comportamento del ministero della Difesa è inaudito – scrive Basilio – e chiediamo che risolva al più presto questa situazione».
Le bombe a grappolo sono pericolose come le mine antiuomo. Tre pescatori del peschereccio Profeta di Chioggia il 10 maggio 1999 rimasero feriti per l’esplosione di una di queste bombette gialle, poco più grandi di una lattina Fanta. L’avevano pescata con le reti nell’Adriatico, era scoppiata sul ponte dell’imbarcazione.
Del caso si occupò anche una commissione d’inchiesta parlamentare.