La battaglia di Garibaldi 150 anni dopo

di Paola Malcotti

Sui libri, sui documenti ufficiali, sui testi scolastici, il celebre «Obbedisco» di Garibaldi viene da sempre associato al paese di Bezzecca e alla battaglia del 21 luglio 1866. Le cronache di 150 anni fa, soprattutto quelle affidate alle pagine di diari, di lettere, di manoscritti privati, alla memoria popolana, tramandata di generazione in generazione, ricordano però che furono anche altri i paesi della valle di Ledro ad essere interessati dall’arrivo dei garibaldini. Pieve, Locca, Enguiso, Lenzumo, dove in via Unità d’Italia una targa ricorda il punto più estremo in cui giunsero le giubbe rosse, e poi Tiarno di Sopra e di Sotto, che dei garibaldini e degli austriaci videro il sangue, le vite spezzate, i fatti d’arme dell’ultimo capitolo della Terza guerra d’Indipendenza.

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Ed è proprio a Tiarno di Sotto che ieri pomeriggio un’ottantina di figuranti - tra civili in abiti d’epoca, garibaldini e soldati austriaci in divisa - sotto la regia del municipio e dell’associazione Futura, hanno messo in scena una rievocazione storica particolare, a completamento delle commemorazioni ufficiali per l’anniversario di due settimane fa. Spostandosi lungo le strade del centro storico, i provetti attori, tutti del luogo, hanno dunque simulato le fasi preparatorie dell’azione bellica, lo scontro tra i due eserciti, con spari e colpi di cannone, il recupero dei feriti ed il loro trasporto al punto di ricovero, allestito sul sagrato della chiesa.

Ad attirare l’attenzione del pubblico però, per via dell’incredibile somiglianza nei tratti somatici con il Garibaldi vero, quello ritratto nei dipinti, è stato l’interprete dell’Eroe dei due mondi, all’anagrafe Cornelio Crosina, tiarnese doc, apparso in piazza su di una carrozza.
Seguendo il copione, quello scritto dalla Storia e dalle targhe commemorative affisse sui luoghi del ricordo, i figuranti hanno quindi riportato alla luce, per filo e per segno, quanto accadde in quelle settimane in valle di Ledro. Durante la campagna dell’estate 1866, all’interno della chiesa di Tiarno di Sotto venne infatti allestito un ospedale militare, in cui furono curati i feriti di entrambe le fazioni, mentre il Generale soggiornò per alcuni giorni presso l’ex Albergo Degara (ex Casa Sforza), dove riposò prima di iniziare la ritirata dal Trentino, seguendo gli ordini del Re. «La cessazione delle ostilità fu sancita il 12 agosto, con l’armistizio di Cormons - hanno ricordato i narratori, prima del minuto di silenzio dedicato ai caduti di tutte le guerre - e il 3 ottobre fu firmata la pace, a Vienna.

Con questo accordo l’Italia perse l’occasione di liberare il Trentino. A nulla valsero tanti sacrifici, tante morti. Tutte le speranze che avevano mosso fior fiore di gioventù, furono deluse. Per questa terra si dovette aspettare la fine della Prima guerra mondiale. E veder cadere ancora migliaia e migliaia di altre giovani vite».

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