Calzà e Migliorini nella bufera del Fitz Roy per salvare due alpinisti
Ci sono anche due guide alpine altogardesane nella squadra di soccorso internazionale impegnata nelle ricerche di due alpinisti brasiliani scomparsi dal 20 gennaio scorso mentre tentavano la vetta del Fitz Roy, in Patagonia (al confine tra Argentina e Cile).
Giampaolo «Trota» Calzà, guida alpina, fotografo, dipendente del Comune di Riva e volto arcinoto nel mondo dell’alpinismo trentino, e Claudio Migliorini, guida alpina di 37 anni, accademico del Cai, nato a Mantova ma da tempo “adottato” da Arco, avevano raggiunto il loro obiettivo il 17 gennaio scorso, toccare la vetta del Fitz Roy (3405 metri) attraverso la via Franco Argentina, ma una volta tornati alla base a El Chalten (non prima di aver bivaccato una notte sulla cima), hanno appreso la notizia dei due colleghi brasiliani che stavano tentando la stessa via ma di cui non si avevano più notizie. Calzà e Migliorini non ci hanno pensato due volte perché la montagna è anche questo, mettersi a disposizione delle squadre di soccorso locali, assieme ad altri colleghi italiani (alcuni dei Ragni di Lecco), spagnoli e argentini e al fortissimo Denis Urubko, alpinista russo naturalizzato polacco.
«Una grande bocca nera dalla quale soffia tutta l’aria del mondo» dicono gli abitanti della pampa del Cerro Torre e del vicino Fitz Roy, perché lì quando soffia il vento e arriva il maltempo la situazione diventa maledettamente complicata. Paolo Calzà e Claudio Migliorini erano partiti da Arco il 7 gennaio scorso assieme all’amico Danny Zampiccoli (popolarissimo gestore sino a qualche anno fa del rifugio Altissimo e oggi del rifugio Lausen, sugli altipiani della Lessinia), quest’ultimo poi costretto a ripiegare a causa di una forte bronchite. Il 17 gennaio Calzà e Migliorini toccano la vetta del Fitz Roy alle 23.30 ora locale, bivaccano una notte e la mattina seguente iniziano la discesa.
«Alla fine della prima parte della discesa - racconta Calzà da El Chalten - abbiamo incrociato i due alpinisti brasiliani, erano a 10 metri da noi, poi in seguito li abbiamo visti che salivano mentre su una via a fianco (la via Francese) tentavano l’ascesa anche due cechi». Per uno di loro il destino è stato tragico: tempo pessimo e nella discesa dopo una doppia uno dei due alpinisti si accorge che il compagno non lo raggiunge, risale e lo trova senza vita, morto per ipotermia. «Verso le sei di pomeriggio avevamo piazzato le tende per bivaccare quando ha iniziato a fare brutto - racconta ancora Calzà - Pioggia e soprattutto un vento fortissimo. Siamo riusciti a tornare a El Chalten ma qui ci hanno detto che dei due brasiliani non c’era traccia».
La macchina dei soccorsi si organizza, Calzà e Migliorini non hanno dubbi e si mettono a disposizione. Di notte, in mezzo alla bufera con condizioni quasi proibitive e mezzo metro di neve fresca (e rischio valanghe), il gruppo raggiunge la base del ghiacciaio ma dei due colleghi brasiliani non c’è traccia. L’elicottero più vicino è a 500 chilometri di distanza ma del resto in quella situazione potrebbe fare ben poco. E per adesso le ricerche sono state sospese.
«Se ti trovi in questi ambienti devi mettere in preventivo la possibilità di vivere queste situazioni - osserva Paolo Calzà - Cercare di aiutare, di mettere a disposizione le tue conoscenze per portare aiuto è normale ma è importante anche preservare la propria incolumità. Ci abbiamo provato, assieme agli altri. Ma se non c’è una finestra di bel tempo è difficilissimo fare di più».