Futuri medici, una sfida la Guinea Bissau: da Ledro a Storo in Africa con il Progetto Madrugada
Sofia Giacometti e Andrea Valentini Zontini volontarie con due colleghi universitari. Fatti i vaccini necessari, hanno preso il volo. Tra i primi compiti ricevuti, l'inventario dei farmaci portati in valigia quale donazione raccolta dall'associazione. Poi, grazie al costante affiancamento, è arrivato il graduale avvicinamento ai pazienti
LEDRO. È immensa la gratitudine della 25enne Sofia Giacometti di Ledro - al pari dei colleghi universitari Andrea Valentina Zontini di Storo, Maria Vittoria Quagliato di Padova e Cristiano Cavagna di Ospedaletto - verso l'associazione Madrugada, che le ha concesso di vivere con i compagni della facoltà di medicina dell'Università di Verona 22 giorni di scambio culturale e professionale presso il campus "Madrugada" di Bissau (Guinea Bissau).
Dal 22 luglio al 14 agosto hanno potuto mettere in pratica quanto acquisito negli anni con il «Progetto Madrugada», volto alla promozione di esperienze educative, professionali e formative nell'ambito della cooperazione internazionale e del volontariato in Africa. L'idea di aderirvi è stata di Maria che, entrata in contatto con i referenti veronesi dell'organizzazione, ha sparso la voce e coinvolto ben 15 studenti universitari, suddivisisi poi in tre gruppi al fine di garantire la propria presenza durante l'intera stagione estiva.
Realizzato nel 2004, il centro medico diagnostico è costituito da un poliambulatorio, avente un laboratorio di analisi e un servizio farmaceutico, e da un'area riservata agli alloggi per volontari e alla formazione dei medici ed infermieri guineani. Pur essendo una clinica privata, presenta costi accessibili alla popolazione di fascia medio-bassa grazie alle donazioni di beneficiari che ne garantiscono l'autogestione: dei macchinari d'ultima generazione ricevuti, vi è l'unica Tac della Guinea Bissau.
«Noi, studenti italiani, possiamo praticare solo al sesto anno del corso di laurea in medicina - raccontano Sofia, Maria, Andrea e Cristiano - pertanto, aderire al progetto è stata un'enorme opportunità. Il nostro desiderio era poter aiutare la comunità locale e l'entusiasmo con cui siamo stati accolti ci ha spronato ad aprirci. Certo, non è stato immediato confrontarsi con il creolo, lingua di derivazione portoghese. Giorno dopo giorno però, abbiamo memorizzato i termini più ricorrenti per interagire. Abbiamo sempre ricevuto supporto ed assistenza da parte del personale e, in particolare, dal direttore sanitario che conosce bene l'italiano; ciò ha azzerato le differenze culturali. Prima della partenza, abbiamo condiviso con l'associazione alcuni timori sul livello di sicurezza nel Paese: essendo una situazione protetta e da trent'anni radicata, ci siamo sentiti tranquilli».
Fatti i vaccini necessari, hanno preso il volo. Tra i primi compiti ricevuti, l'inventario dei farmaci portati in valigia quale donazione raccolta dall'associazione. Poi, grazie al costante affiancamento, è arrivato il graduale avvicinamento ai pazienti.
«Il cosiddetto "giro di reparto" avveniva in autonomia - spiegano - dopo aver visitato i malati, ne discutevamo l'anamnesi con il direttore sanitario. Abbiamo assorbito tantissimo, dall'utilizzo dell'ecografia ai passaggi riguardanti la ricerca in laboratorio dei plasmodi responsabili della malaria. Come immaginavamo, l'assenza dei controlli periodici e della diagnosi precoce provoca la diffusione di malattie rarissime in Europa: ad esempio, si effettuano molte rimozioni di miomi in crescita nell'utero, che possono raggiungere dimensioni notevoli se non trattati in tempo».
Nell'ultima settimana gli studenti hanno gestito autonomamente gli ambulatori. «Prescrivere gli esami consente alle persone di sottoporsi nell'immediato ad essi, sempre in clinica - specificano Sofia, Maria, Andrea e Cristiano - il risultato arriva in fretta ed è ottimo per impostare seduta stante la terapia. C'è da dire che a Bissau vi è una scuola di medicina: dal secondo anno, gli studenti cominciano a fare pratica e al termine dei sei anni lavorano direttamente in ospedale. Consci di questa differenza, eravamo preoccupati: l'inclusione ricevuta ci ha gratificati e ha portato alla luce anche i nostri punti di forza».
Relazionarsi con la popolazione è stato comunque il regalo più grande: «La nostra permanenza è coincisa con l'inizio del campionato di calcio locale. Al termine della giornata lavorativa, assistevamo alle partite in compagnia della gente. Il tifo con i tamburi, l'allegria perenne, la gentilezza: una meravigliosa scoperta, abbiamo conosciuto persone splendide e compreso che la nostra diffidenza era frutto di un pregiudizio culturale. Lì, chiunque si saluta per strada ed è aperto alla conoscenza dell'altro».
Per il quartetto è iniziato l'ultimo anno: Sofia proseguirà poi gli studi in pediatria; Maria sicuramente una specialità chirurgica; Andrea non ha ancora le idee chiare; Cristiano sogna le lezioni di cardiologia. Se potessero però, tornerebbero a Bissau già domani. Nel frattempo, seguono con attenzione l'operato di altri colleghi universitari che ne raccontano le sfaccettature mediante il profilo Instagram (@interns_onthemove) da loro creato.