Centrale idroelettrica in città: a Belluno il Comune blocca un'impresa bolzanina
La localizzazione in uno dei gioielli paesaggistici di Belluno non ha scoraggiato una società bolzanina, che intende estendere il suo business nel settore idroelettrico costruendo una centralina per sfruttare le acque del Piave nientemeno che nei pressi dello storico ponte della Vittoria, classica cartolina delle vedute da sud del capoluogo dolomitico che si affaccia sul fiume.
A denunciare questo progetto sono stati gli esponenti locali del movimento Cinque stelle, che spiegano di aver scoperto la presenza di una richiesta di derivazione da parte della sudtirolese Reggelbergbau Srl, controllando i contenuti del Bollettino ufficiale della Regione Veneto, ente da anni al centro delle contestazioni dei movimenti bellunesi per le innumerevoli concessioni rilasciate a soggetti economici che intendono approfittare dei generosi incentivi statali destinati al settore idroelettrico.
I consiglieri comunali cinquestelle Sergio Marchese e Andrea Lanari hanno così proposto e ottenuto di mettere in votazione nell'ultima seduta dell'assemblea municipale un ordine del giorno per impedire che si realizzi l'impiaqnto idroelettrico.
Parole molto dure nei riguardi di questo progetto sono state pronunciate dallo stesso sindaco, Jacopo Massaro, a guida di una coalizione civica di centronistra (il Pd è all'opposizione), che ha sottolineato fra l'altro il pesante impatto ambientale e paesaggistico di simili opere, in questo caso, fra l'altro, immaginate proprio in un'area oggetto da tempo di una serie di interventi di valorizzazione sia per tutelare l'ecosistema fluviale sia per favorirne la fruzione da parte dei cittadini (il tratto del piave in questione si trova proprio ai piedi del centro storico, col quale è collegato da scale mobili, a due passi da piscina e palasport).
L'intervento di cementificazione richiesto dall'impresa sudtirolese ha lo scopo di costruire una centrale idroelettrica della potenza nominale di 607,23 Kw, con un utilizzo di acqua oscillante fra i 15 e i 30 mila litri al secondo.
Come in altri casi di impianti, realizzati, richiesti oppure bloccati dalla mobilitazione popolare, si tratta di produzioni elettriche di scarsa rilevanza quantitativa, specie se rapportate al danno rilevante che l'insieme di queste cementificazioni procura all'intero ecosistema fluviale di una provincia alpina già pesantemente colpita dall'ipersfruttamento idroelettrico, fa notare la miriade di associazioni attive nel Comitato bellunese acqua bene comune.
In sostanza, oggi solo meno del 10% dei corsi d'acqua bellunesi si salva da interventi di sfruttamento idroelettrico ma è a sua volta a rischio, visto che in Regione Veneto giacciono più o meno duecento richieste per costruire altre centrali. Il fronte delle risorse idriche è diventato, fra l'altro, uno dei più sensibili nell'ambito del disegno autonomistico bellunese: si ritiene che un riassetto istituzionale con il varo di una forma di autogovenro alpino sia l'unica strada per frenare questo e altri processi di «colonizzazione» della provincia dolomitica che sta subendo anche l'espansione di aziende esterne del settore vitivinicolo o delle mele che esportano qui modelli agricoli intensivi e monocolturali già implementati altrove.
Uno degli obiettivi immediati dei movimenti popolari e di diverse amministrazioni locali è una moratoria sul rilascio di nuove autorizzazioni, anche se fotografare lo status quao non è sufficiente e vi sono situazioni in cui bisogna anche fare passi indietro per tutelare un patrimonio idrico che a Belluno è importante anche a sostegno del turismo.
Invece, fra idroelettrico e sfruttamento irriguo per la pianura veneta, le ricche acque dolomitiche sono da decenni oggetto di pesanti interventi che non lasciano quasi nulla di positivo al territorio, ma ne alterano l'equilibrio naturale.
A monte, come dimostrano anche le vicende di altre zone montane, Trentino compreso, c'è il contestato ma a quanto pare intoccabile, regime di sovvenzioni statali per gli impianti idroelettrici: senza un giro di vite, sarà difficile fermare le speculazioni sull'acqua. Ma a quanto pare, il business idroelettrico ha appoggi importanti anche a Roma.
Sul fronte del contributo al bilancio energetico nazionale, fanno ancora notare i movimenti bellunesi, quello del cosiddetto mini-idroelettrico è effettivamente minimo e molto di più si otterrebbe, senza aggiungere impatto ambientale e danno al turismo, con interventi per rendere più efficienti le grandi centrali storiche presenti sulle Dolomiti.
Recentemente, per contrastare il dilagare di impianti idroelettrici, è stato presentato un appello nazionale per la tutela dei fiumi.
In Trentino una delle situazioni che stanno richiamando un'attenzione sociale critica riguarda la realizzazione di nuovi impianti, in parte già avvenuta, lungo l'asta del fiume Noce. Nei giorni scorsi un appello per la salvaguardia delle acque del Noce è arrivato anche dal campione di canoa Zeno Ivaldi.