Il Bard: Regione dolomitica per il futuro dell'autonomia
Il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) rilancia, dopo aver sostenuto il no al referendum costituzionale
Il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) rilancia, dopo aver sostenuto il no al referendum costituzionale: il rifiuto popolare della riforma, bollata fra le altre cose di forte centralismo, ha salvato anche le Province ordinarie dalla cancellazione tout-court.
Da qui, dunque, ricomincia la lotta per il riconoscimento di uno status istituzionale differenziato anche a questo territorio alpino che condivide con Trento e Bolzano l’area dolomitica (la cui gran parte ricade appunto nel Bellunese).
Una delle incognite all’orizzonte sono proprio i rapporti con i cugini del Trentino Alto Adige, che dopo un periodo di dialogo e reciproco sostegno, si erano raffreddati bruscamente in seguito all’appoggio convinto dato dalla classe politica di Trento e di Bolzano alle riforme volute dal governo Renzi: prima la legge Delrio che ha svuotato di senso le Province, poi la riforma costituzionale che le avrebbe cancellate del tutto e inoltre trasferiva a Roma molti poteri delle Regioni.
A eccezione appunto degli enti a statuto speciale: perciò, forti di questa «blindatura», cioè una clausola di garanzia e l'assicurazione dell'obbligo di intesa per qualunque modifica statutaria, le classi dirigenti e le rappresentanze parlamentari di maggioranza elette in Trentino Alto Adige hanno sostenuto con grande entusiasmo un impianto legislativo che avrebbe però penalizzato le prerogative degli altri territori.
Una volta saltata la riforma, ora si tratterà di vedere quali scenari si apriranno, anche tenendo conto dei rischi - paventati da vari osservatori politici in area alpina - che le zone di montagna finiscano nel tritacarne di futuri progetti di macroregioni, magari incorportate in realtà amministrative con il baricentro del potere in pianura padana e in aree metropolitane.
Un rischio dal quale devono guardarsi anche gli statuti speciali, specie Trento, che si trova in condizioni più deboli rispetto a Bolzano (il cui status è legato alla minoranza di lingua tedesca ed è garantito anche da trattati internazionali).
L'alternativa è lavorare per favorire la nascita di autonomie speciali in tutti i territori alpini.
Dal Bard si fa notare che oggi più che mai è urgente aprire un ragionamento serio sulla visione riassunta nel nome stesso del movimento bellunese: un processo politico per l’aggregazione dei territori dolomitici in un contesto istituzionale differenziato al suo interno (tre province con caratteristiche statutarie diverse) ma unito nella collaborazione fra aree che condividono le numerose criticità del vivere in montagna e la necessità di poter attuare politiche specifiche.
A Trento e a Bolzano, dunque, si rilancia la proposta di costituire questa Regione alpina, dopo aver archiviasto una pagina triste «segnata dalle scelte politiche sbagliate fatte dalle due Province autonome rispetto alla riforma costituzionale»
A Belluno, intanto, si riparte col tentativo di rilanciare la Provincia ordinaria, come fulcro del possibile potenziamento dell’autogoverno locale.
Innanzitutto si chiede il ripristino dell’elezione diretta, dopo che la riforma Delrio ha ridotto questo ente a una rappresentanza di consiglieri comunali e sindaci.
Un'altra prospettiva, transitoria, di cui a Belluno si era parlato nei mesi scorsi è la secessione dal Veneto e la rivendicazione del riconoscimento almeno dello status di Regione ordinaria.
Comunque sia, ora, con il fallimento del referendum tutti i giochi, in chiave autonomistica, sono riaperti.
IL COMUNICATO DEL BARD
“Siamo felici che siano in molti oggi a salire sul carro dell'elettività della Provincia di Belluno, ma è tempo che chi di dovere rispetti gli accordi di oltre un anno e mezzo fa”: il movimento Belluno Autonoma Regione Dolomiti torna sugli effetti del post-referendum e torna a chiedere il rispetto dell'accordo siglato col Governo in occasione delle elezioni regionali.
“La vittoria del no è stata significativa ed importante per noi, perchè abbiamo potuto mantenere aperta la porta dell'elettività e dell'autonomia, ma non c'è nulla da festeggiare; lo avevamo spiegato, questa per noi è stata una battaglia politica, nel senso nobile del termine, non partitica o di contrapposizione”, commentano dal movimento.
“Adesso che il “no” ha scosso le coscienze di molti, anche di quelli che elogiavano l'ente di secondo livello, - sottolineano dal Bard – l'elettività per la Provincia sembra essere tornato argomento d'attualità. Bene, dunque: se c'è questa unità d'intenti da sinistra a destra, cosa si aspetta a far rispettare l'accordo siglato ormai nell'aprile 2015 anche dai massimi esponenti del Governo? Se la trattativa si era incagliata in previsione della cancellazione della province dalla Costituzione, questo spettro ora non c'è più: avanti spediti e senza timori, dunque”.
Resta però da gestire questo periodo di transizione, ed in vista del rinnovo delle cariche della “provincia dei sindaci” il Bard si sta già muovendo: “Abbiamo la ferma volontà di presentare una nostra lista alle prossime elezioni di secondo grado, in calendario l'8 gennaio. Stiamo già prendendo contatti con primi cittadini e consiglieri per raccogliere candidature e firme; questa non è certo l'assetto istituzionale che vogliamo per la Provincia, ma questo c'è per ora e pensiamo sia fondamentale essere presenti in consiglio per partecipare attivamente alla vita politica di questo ente, in attesa del ritorno della vera democrazia e autonomia locale”.