Ospedale di Cavalese. L'attacco alla Borgonovo Re
Amministratrici locali contro l'assessore alla Sanità
Così non va: il rischio di chiusura del punto nascite all'ospedale di Cavalese va scongiurato, ma dalla giunta provinciale non giungono segnali di impegno. Lo affermano dopo l'incontro con l'assessora Donata Borgonovo Re e le rappresentanti delle amministrazioni locali delle Valli di Fiemme e Fassa: Maria Bosin presidente della Conferenza dei Sindaci della Comunità della Val di Fiemme; Cristina Donei del Consei de Ombolc del Comun General di Fascia; Maria Elena Gianmoena assessore al Turismo di Cavalese e presidente dell'associazione «la Voce delle donne»; Giuseppina Vanzo assessore alla Sanità di Cavalese e Manuela Felicetti assessore al Turismo della Comunità di Fiemme.
Le amministratrici hanno - per cominciare - criticato l'invito rivolto solo alle donne, esprimendo subito l'auspicio che al più presto si programmi un secondo incontro esteso a tutti gli amministratori «anche per rispetto delle decine di migliaia di firme raccolte e consegnate nelle valli del Trentino. Non condividiamo questo metodo peraltro usato anche per l'accentramento del servizio di mammografia». Bordate pesanti: «Riteniamo che questo sia un modo di lavorare fintamente democratico, poco corretto, semplicistico e assolutamente non rispettoso delle realtà di valle».
Se il problema è la «soglia» dei 500 parti all'anno per mantenere il punto nascita - hanno ricordato le amministratrici di Fiemme e Fassa - «va sottolineato che il Presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia il 23 scorso ha dichiarato che i ginecologi non si oppongono ai punti nascita con meno di 500 parti, purché sia garantita la sicurezza. Dichiarazione autorevolissima che non fa dei 500 parti un tabù e uno scoglio insormontabile».
Hanno ricordato a Borgonovo Re il «Piano strategico aziendale APSS 2013-2015»: vanno «valutate le specificità dei bisogni reali delle varie aree geografiche interessate, le rilevanti difficoltà di attivazione dello Stam (Servizio di Trasporto Materno Assistito) dovute ai tempi di percorrenza dell'autoambulanza per raggiungere l'ospedale centrale, l'incertezza della disponibilità dell'elicottero, il maltempo».
Dicono le amministratrici: «A tal proposito portiamo l'esempio di Asiago, Pieve di Cadore e della vicina Svizzera dove per i motivi sopraccitati i punti nascita rimangono attivi nonostante numeri di poche centinaia di parti l'anno. Quindi se in Svizzera e nel vicino Veneto si mantengono punti nascita per ovvi motivi di sicurezza non si può accettare che la Provincia Autonoma di Trento segua i parametri nazionali senza tener conto della nostra storia e della nostra Autonomia».
Critiche anche al "Percorso nascita": «Un bel progetto, molto interessante che contempla una serie di obiettivi come il rafforzamento della rete, dell'offerta consultoriale, del parto senza dolore (attualmente epidurale 12% presso il nostro ospedale, 1% al Santa Chiara) e la promozione dell'allattamento ecc -., pratiche peraltro da tempo in essere a Cavalese. Ma vi rileviamo una serie di contraddizioni e per questo esprimiamo la nostra preoccupazione».
E citano i parti in casa, le criticità e o emergenze che si presentano all'improvviso (ad esempio il distacco di placenta, il parto precipitoso) che potrebbero trasformarsi in una corso disperata verso l'ospedale di riferimento. «Va inoltre considerato il caso delle gravide a rischio che sono residenti sul territorio, dei travagli in fase avanzata e non più trasportabili considerando che il travaglio non si stabilizza ma evolve. Che ne sarà del tasso di mortalità neonatale che attualmente vantiamo tra i più bassi al mondo? Se mettere in sicurezza il punto nascita secondo gli standard previsti vuol dire chiuderlo, che sicurezza è garantita, che rischi ci saranno per chi si troverà ad affrontare tutto questo?»
Per le amministratrici «Riteniamo importante ribadire che la popolazione di Fiemme e Fassa sceglierà le strutture sanitarie di Bolzano più facilmente accessibile in termini di tempo e anche di organizzazione (tempi di attesa) rispetto a Trento». Infine «Per tutte queste motivazioni come amministratori siamo obbligati per un alto senso civico, con ogni mezzo a disposizione a tutelare la salute della nostra gente, in particolare su aspetti molto preziosi come la nascita di una nuova vita. Con preoccupazione vediamo sempre meno chiarezza sugli aspetti socia-sanitari. Riteniamo la salute e il nostro welfare prioritari. Piuttosto, si intervenga laddove i servizi sono presenti e accessibili con facilità e si "smonti" quella macchina burocratica della PAT e dei suoi enti funzionali come l'APSS che non rispondono alle esigenze della collettività».