Giudicarie, industria
Lavori al capannone ex Lowara
Sono iniziati i lavori di ristrutturazione del capannone che a fine 2016 dovrà ospitare la Waris, azienda che attualmente produce pannelli fotovoltaici in località Sorino, fra Storo e Condino, e che secondo un accordo con la Provincia e con Trentino Sviluppo si trasferirà nella zona industriale di Storo, aumentando l’occupazione.
Lavori per un milione e mezzo di euro, affidati ai vincitori della gara d’appalto: per le opere murarie impresa Comai di Cavedine (che ha praticato un ribasso del 10%); impiantistica a due imprese locali, la Eco Energ (impianti elettrici) e i fratelli Mezzi per gli impianti idraulici, ditte che hanno praticato un ribasso del 17%.
Dopo un periodo di oblio, pare dunque che la zona industriale di Storo torni ad animarsi. Un tempo a sud del paesone del basso Chiese si trovava uno degli insediamenti produttivi più vivaci del Trentino. Poi, a partire dalla fine degli anni Novanta, si è avviato un lento ma inesorabile declino, a causa di fallimenti, ma più spesso di trasferimenti di aziende. Fu così per Storoproductions, che all’inizio del secondo millennio aveva 130 dipendenti impegnati nella produzione di maniglie e che si trasferì in Austria. E fu così per la Lowara, che lasciò a casa i suoi 70 lavoratori perché decise che costavano troppo.
Entrambe le multinazionali annunciarono la decisione all’ultimo momento, lasciando pochi scampi a chi voleva reagire. Esemplare fu (chi era nella rappresentanza sindacale lo ricorda bene) l’annuncio dato dall’amministratore delegato americano nella sede italiana della Lowara, in quel di Vicenza. Lo fece attraverso l’esempio della rana e dell’acqua calda: «Se metto la rana in un catino e scaldo l’acqua, la rana rimarrà finché l’acqua raggiunge una temperatura insostenibile, poi scapperà. Noi non abbiamo fatto investimenti per ammodernare lo stabilimento, perciò oggi dobbiamo andarcene perché sappiamo che a breve non sarà più conveniente. La Lowara è una public company; i soci non sopporterebbero di perdere denaro, perciò si chiude». E chiuse.
Arrivò un imprenditore bresciano, che continuò a produrre pompe idrauliche con la Italpumps, ma con molti meno addetti e con vita non troppo lunga. Su quel capannone (8.000 metri quadrati) misero l’attenzione nella precedente consiliatura amministrazione comunale e Trentino Sviluppo (divenuta proprietaria) con l’idea di metterlo a disposizione di un gruppo di aziende artigiane che avrebbero potuto trasferirsi in un luogo più razionale. Ma all’atto pratico, dopo manifestazioni di interesse e trattative, non se ne fece niente. Fino a quando si è fatta avanti la Waris, con cui la Provincia ha concluso positivamente la trattativa.
Ora, per rendere più attrattiva la zona industriale, alcune aziende hanno chiesto che venga portato il tubo del metano (costo circa 40.000 euro) per avere costi energetici inferiori agli attuali. Si attendono risposte.