«Pronti a investire nel granoturco di Storo»
Il biodigestore è una grana? Proviamo col grano! Il gioco di parole non è del diretto interessato, ma nostro.
Il diretto interessato è Tiziano Ciocchi, bresciano d’origine. Anzi, valsabbino dalla parlata schietta e (da classico bresciano) con la cultura del lavoro appiccicata alla pelle: sette giorni su sette all’azienda di Vanoli, due lavori da seguire (arrivando a Carisolo non ha mollato quello che aveva prima in valle Sabbia).
Ciocchi è l’uomo in Rendena di Aldo Vanoli, l’imprenditore di Cremona con interessi e partecipazioni quassù (azionista delle Funivie di Pinzolo, rifugi, alberghi, una stalla da 200 capi ed altro ancora) da aggiungere alle proprietà lombarde, che vanno da un’azienda di ferramenta ad un bel patrimonio agricolo, fino alla squadra di basket che si è tolta la soddisfazione di militare in Serie A, anche se quest’anno non naviga proprio in buone acque.
La stalla. E’ una di quelle storiche di Carisolo.
Vanoli la acquistò dalla famiglia Nella e cambiò radicalmente gestione, ingaggiando Ciocchi. Prima chiese una mano a Mauro Povinelli, veterinario con una sua stalla, già presidente del Consorzio tutela della spressa dop.
Che facciamo con il letame prodotto dalle stalle, si e ci chiede Tiziano Ciocchi. «Eravamo partiti per fare un impianto di biogas, ma abbiamo trovato una fiera opposizione dei residenti. In valle continuano a sorgere aziende nuove, con la conseguenza che i prati diminuiscono».
Allora che fare? «Una cosa è certa: il signor Aldo Vanoli - spiega Ciocchi - non si è ritirato a causa del comitato del no al biodigestore. Chiaro che non è contento.
Mi ha detto: Con i soldi che ho investito quassù credevo di fare una bella cosa. Avrei investito ancora un milione di euro senza ricorrere al finanziamento provinciale, avendo entrate solo dal gse (il gestore dei servizi energetici, ndr): 15.000 euro al mese se mantieni i cento chilowatt costanti. Non volendo abbandonare tutto, avevamo pensato di piantare del mais, ma non possiamo alimentare le mucche con il mais, perciò abbiamo trovato una soluzione: proviamo con il granoturco di Storo». Mica semplice! Bisogna capire se l’altitudine, l’umidità, l’esposizione al sole... insomma, se le condizioni sono compatibili con il granoturco.
«Pacifico. D’altronde - ribadisce Ciocchi - non possiamo arrenderci all’idea di chiudere tutto, mettendo a rischio fra l’altro dei posti di lavoro. La stalla c’è, la campagna pure.
Se mantieni un equilibrio finanziario vai avanti. Stiamo cercando soluzioni alternative al biogas. Avviare una sperimentazione attraverso la coltivazione di granoturco va nella direzione della ricerca di un’alternativa. Se andrà in porto positivamente, vorrà dire che anche in Rendena si potrà trovare spazio per la granella di Storo».
Una domanda: che c’entra il letame con il granoturco? «Semplice - risponde Ciocchi - abbiamo deciso di puntare sul grano perché rappresenta un modo per smaltire il letame: ne smaltisci tre volte in più rispetto ad un prato erboso. Andrà in porto? Lo speriamo, perché noi teniamo alla Rendena, alla gestione della stalla, alla qualità del latte prodotto qua. Non vogliamo abbandonare per aver perso un obiettivo».