A Strada la "botega" Baldracchi ha compiuto 170 anni
Gestire una bottega al tempo dei supermercati. Ci vuole tanta passione. E poi, quando hai una storia lunga 170 anni alle spalle...
Siamo a Strada, frazione di Pieve di Bono, anzi, oggi di Pieve di Bono-Prezzo. Qui anni fa c’era la sede del dopolavoro. Poche decine di metri più in giù c’era la bottega Baldracchi. A un certo punto Pierino decise: ci si può ingrandire. Anzi, si deve. E comperò l’ex dopolavoro, che aveva finito la sua funzione.
Un balzo indietro. 1847: Domenico Pietro Baldracchi (trisavolo dell’attuale gestore) ebbe l’idea di aprire la bottega del paese. Gli successe il bisnonno Giovanni, che morì nel 1936, quindi il nonno Luigi, che morì nel 1954. Infine, nella dinastia dei Baldracchi, arrivò il papà Antonio.
«Io sono del ’55, perciò non ho conosciuto il nonno», racconta Pierino. «Il papà aveva quattro fratelli e una sorella, morta a 17 anni de döia, come si chiama dalle nostre parti la polmonite. I cinque fratelli sono venuti grandi in bottega, dando una mano al papà Luigi».
Poi si sa come vanno le cose nelle famiglie, ognuno imbocca la sua via: lo zio Alberto ha studiato da geometra, lo zio Fabio ha messo su un allevamento di vitelli, e via così. Prima di dividersi, al tempo dei grandi lavori per la costruzione degli impianti idroelettrici, la ditta Fratelli Baldracchi rilevò a Daone (il paese capoluogo della valle delle dighe) due negozietti, che in un secondo tempo unificò. «Erano periodi buoni, perché girava un sacco di gente: migliaia di lavoratori provenienti da tutta Italia», commenta Pierino.
Risalendo per la strada del tempo, nel 1962 moriva il papà Luigi, perciò la sorella Diomira a tredici anni cominciò a fare la commessa in bottega, unico sostegno della famiglia. Pierino aveva sette anni. «Quando ho compiuto i diciotto, per non deludere la mamma, ho deciso di entrare in società con lo zio Giovanni per andare avanti col negozio».
Per farla breve, dal 1990, quando lo zio andò in pensione, ennesima ed ultima spartizione. «O tenevo questa», ricorda Pierino, che si era fatto una buona esperienza e che il commercio evidentemente lo ha nel sangue, «o avevo già la possibilità di acquistare la bottega del Gardumi», a Creto. «Siamo andati d’accordo, così sono ventisette anni che la gestisco io». E la gestirà ancora per un bel po’... «Finché non mi danno la pensione», scherza, ma nemmeno troppo. «Nel frattempo però mia figlia Giulia è qui con me. Ha fatto il liceo, e ha provato a fare l’università, ma sarà per il mal del campanile, sta di fatto che ha preferito stare in bottega. D’altronde l’università non ce n’é a Creto, né a Tione, quindi è venuta qui».
Una domanda è inevitabile: com’è cambiato il commercio da quando gestisce il negozio? È perentorio, Pierino: «Moltissimo. Quando ho comperato il negozio si poteva investire. Adesso non lo farei più. In vent’anni è cambiato il mondo: facevamo e facciamo ancora il servizio a domicilio, per dirne una. Ma anche lì è cambiata: una volta la donna che faceva la spesa non aveva la macchina. Avevamo molti clienti a Por (villaggio della pieve arrampicato sulla strada che porta sul Cariola, ndr) e a Praso. Una volta o due alla settimana, quando chiamavano, si saliva. Oggi hanno tutti la macchina e quando c’è bisogno di fare la spesa si parte. Non si mette nemmeno in conto il costo della benzina. Anche i pochi turisti che arrivano in questi paesi cercano il supermercato. Entrano e si guardano in giro straniti, poi vedono che c’è un po’ di tutto. Effettivamente, tengo ferramenta e casalinghi».
Sorride Pierino, perché gli viene in mente un aneddoto. «Un giorno un milanese mi chiede: ‘”Mi dica una cosa che lei tiene e non si trova più”. “La naftalina”, gli rispondo». Poi c’è la tradizione di famiglia: Pierino fa il salame: «Ho la licenza per lavorarlo e venderlo». E il formaggio? «Vado a comperare la cioncada dal contadino, la faccio stagionare e la vendo. Me la cercano perché è buona». Cioncada? Sì, è il nome del formaggio artigianale della pieve di Bono. «Oggi ti salvi sulla qualità: non possiamo competere con i supermercati e i sottocosto, anche se ci diamo da fare».
La polenta carbonèra dei 170 anni è stata mangiata in piazza, in una festa di popolo, con il formaggio ed il salame della «Botega da Strada». “Botega con una “t” sola - puntualizza Pierino - non per ignoranza, ma perché la mia bottega è piccola».