Sul ghiacciaio del Mandron troppo caldo, crolla la "fronte" pericoloso avvicinarsi
Un crollo di un fronte largo del ghiacciaio, per un'altezza di cinque metri. È successo nella notte tra martedì e mercoledì scorso. Il rumore del «collasso», con l'ampia superficie glaciale che si è appoggiata sulla cavità sottostante (uno spazio vuoto solcato da canali d'acqua) ha destato l'attenzione dei gestori del vicino rifugio. Il ghiacciaio del Mandron, condiviso fra Trentino e Lombardia, è il più esteso tra i ghiacciai che insistono anche sul territorio trentino, con i suoi oltre dieci chilometri quadrati.
«Siamo stati avvisati la mattina dopo dai rifugisti racconta Cristian Ferrari, presidente del Comitato glaciologico della Sat, reduce da un sopralluogo ma lo stavamo monitorando. Già il 4 luglio avevamo fotografato la situazione e il collasso era in qualche modo prevedibile, con lo strato di ghiaccio che si assottiglia, per un processo di ablazione e fusione condotto dal lavorìo dell'acqua. Il fronte, o porta o bocca del ghiacciaio, ha cambiato forma. Non è un crollo grave, ma dato che ci hanno detto che qualche curioso si è avvicinato, ci teniamo a dire che è pericoloso farlo. Per il peso, il fronte può crollare, afflosciarsi ancora. Consigliamo di stare attenti e non avvicinarsi. Non sappiamo se il fenomeno di crollo è finito».
La Società degli alpinisti tridentini tiene sotto controllo il Mandron da oltre trent'anni con accurati rilievi e da 4 anni il ghiacciaio è un «osservato speciale». Davanti al crollo restano piccoli iceberg. In questi giorni sul Mandron c'era anche il fotografo Damiano Ventura, da 15 anni impegnato nel progetto Alpi 2020, una spedizione che documenta l'arretramento e la sparizione dei ghiacciai. «I ghiacciai sono in arretramento spiega Ferrari dal 1860, quando finì l'ultima piccola glaciazione. Ci fu una piccola ripresa negli anni ottanta del secolo scorso: poi si è andati sempre indietro, con ritmi ora molto veloci. La velocità di fusione anche al Mandron è così sostenuta che tra qualche anno il fronte potrebbe essere totalmente in territorio lombardo. È un ghiacciaio molto esposto al sole e non protetto, come quello d'Agola, in Brenta, che arretra meno perché è un ghiacciaio di circo, protetto dalle montagne» aggiunge il glaciologo della Sat.
Il Mandron ha un bilancio di massa, come si dice in gergo tecnico, negativo: «La neve che cade e si accumula fino a maggio si fonde d'estate. In autunno tocca al ghiaccio preesistente e ogni anno il ghiacciaio si riduce». Possibile immaginare una difesa del ghiacciaio con i teli già usati in Presena? «I teli in Presena riflettono la luce e riparano ghiaccio e neve artificiale accumulata. Il Mandron è troppo grande e, quanto ai costi, non ha un utilizzo per alimentare un comprensorio sciistico» conclude Ferrari.