Le campane di Darzo tornano a suonare. Ma non di notte: silenziate dalle 20 alle 7 del mattino
Un fulmine sul campanile le aveva zittite, poi sono state riparate. Ma adesso i rintocchi non si sentono di notte, segno di una tradizione che se ne va
DARZO. Un altro morto sulla via del consenso. Si può catalogare in questo modo la fine del suono notturno delle campane di Darzo? Da qualche settimana nelle ore notturne, in pratica dal suono dell'Ave Maria delle 20.30 a quello del risveglio delle 7 del mattino, il battito delle ore del campanile di Darzo si spegne. C'è da meravigliarsi? No, perché ormai pare un fenomeno in via di espansione.
La giustificazione di chi lo ha spento (la parrocchia? Il Comune? La diocesi? È sempre difficile trovare i genitori di certe scelte), la decisione, si diceva, affonda le radici in qualche mail, forse accorata, forse arrabbiata, contro quelle campane che di notte scandiscono l'ora.
A Darzo, fra l'altro, a differenza di Storo, batte solo l'ora e un colpo per la mezz'ora. Nel capoluogo comunale, invece, il campanile ha due martelli, perciò accanto al colpo della mezz'ora ribatte anche l'ora.
Nel paesino minerario del basso Chiese tutto era filato liscio fino alla rottura di una scheda delle campane (ormai la padrona è la corrente) del 10 aprile, durante un temporale. Per settimane era calato il silenzio totale. Per questo, quando le campane hanno ricominciato a far sentire la loro voce, senza i suoni notturni, si è pensato che l'assenza fosse figlia del guasto. Invece no. Polemiche sulle campane: quisquilie? Forse. Tuttavia ci sono piccoli gesti capaci di cambiare un costume, una tradizione. E con essi se ne va pure un'identità.
Esattamente un anno fa ospitavamo lo sfogo di Stefano Giacomini (animatore della FiloBastia, una delle filodrammatiche giudicariesi più note), che si diceva letteralmente "incazzato" perché a Ragoli avevano spento l'orologio di notte. Di più: temeva che la Curia si stesse accingendo ad estendere su tutto il territorio di competenza (il principato vescovile di Trento) questa scelta che Giacomini definiva "sconsiderata".
«Tutto per salvaguardare i turisti - aggiungeva il filodrammatico - che magari vengono da Milano, dove ascoltano il tram, il treno, il traffico e le sirene. Va bene stendere i tappeti rossi, ma non a spese della nostra identità, della tradizione e della storia, che sono nostre e guai a chi ce le tocca!». Così irrobustiva la sua denuncia.
Una domanda: e i paesi non turistici? Perché anche qui si spengono le campane di notte? Altre domande si nascondono dietro alla protesta di chi vorrebbe che l'orologio continuasse a scandire l'ora. Anzitutto, sarà mica una forma di rifiuto del cambiamento dei costumi e delle abitudini? Insomma, una forma di luddismo post moderno?
Di rimando c'è chi accusa la pubblica autorità di non vegliare sulle motorette con marmitte rumorose che nottetempo girano indisturbate. «Dove sono i vigili? E i difensori della quiete pubblica, disturbati dal suono del campanile?».
Ebbene sì. La società cambia anche in periferia, sia pure con mutamenti millimetrici; e la querelle sul suono delle campane è un segnale di rottura. E' un bene? E' un male? A ciascuno la propria interpretazione.