Carisolo, storia della diga che non c'è (e dei ruderi): ora diventano una mostra documentaria
A Cornisello negli anni Sessanta doveva sorgere un altro grande impianto. Ma poi accadde il Vajont e tutto si fermò. In quota ci sono ancora due grandi motori navali abbandonati. L'esposizione rimarrà aperta fino al 20 agosto
CARISOLO. "La diga che non c'è". Non c'è dubbio, il titolo ha il suo fascino. Il velo sulla vicenda verrà sollevato domenica 28 luglio alle ore 21, presso la sala polifunzionale del palazzetto di Carisolo, quando è in programma l'inaugurazione di una mostra.
A curarla è la Pro loco di Carisolo, che da tempo ha avviato un progetto di recupero e valorizzazione della storia e dei personaggi della Val Rendena, attraverso esposizioni presso il centro socio-ricreativo di valle. Quest'anno, come spiega Michela Bertarelli, «abbiamo voluto dedicare uno spazio espositivo ai grandi lavori idroelettrici che interessarono la Val Rendena nel ventesimo secolo, con particolare riguardo agli interventi effettuati nella zona di Cornisello e in Val di Genova. L'esposizione presenterà progetti, fotografie e documentazione dei lavori che interessarono il progetto».
Avvertenza logistica. La mostra rimarrà aperta fino al 20 agosto, con i seguenti orari: dalle 17 alle 19 e dalle 20,30 alle 22.
Qui finiscono le notizie sulla mostra e comincia la storia, che da queste parti iniziò negli anni Sessanta, più o meno un decennio dopo i "grandi lavori" (così venivano definite le opere di colonizzazione delle valli alpine a scopi idroelettrici) che interessarono valli più o meno grandi nei paradisi naturali, dove sparirono intere plaghe, sommerse dall'acqua e sbarrate da dighe, plaghe immolate sull'altare dello sviluppo. Era una colonizzazione iniziata pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando la ricostruzione dell'Italia era in pieno fervore.
In alta Rendena (e precisamente fra Nambrone e Cornisello) si arrivò un po' più tardi, e si cominciò costruendo le due stazioni della funivia che avrebbe dovuto portare ai 2.000 e rotti metri di Cornisello il materiale necessario per realizzare la diga.
Costruite le stazioni di partenza e arrivo, accadde quello che qualcuno ritenne l'imponderabile e che imponderabile non era: il monte Toc scivolò nel bacino del Vajont con l'infinita tragedia che ne seguì: paesi spazzati e morti a migliaia. E con l'arresto di alcuni progetti in quota. La funivia e la diga rimasero nelle intenzioni.
Il 3 luglio dell'anno scorso il Comune di Carisolo ha chiesto alla Provincia la possibilità e i soldi per l'abbattimento della stazione d'arrivo: costo previsto, mezzo milione di euro. Quella di partenza era già stata abbattuta più o meno un anno prima. Il 13 ottobre 2023 la Giunta provinciale ha deciso di stanziare il finanziamento, 475.000 euro, pari al 95% del totale. «Così - scrivevamo nell'occasione - la stazione d'arrivo della funivia Nambrone-Cornisello sparirà». In realtà non è ancora sparita. Complicazioni burocratiche e inciampi normativi.
Accanto alla struttura c'è una baracca fatiscente che ospita due motori navali portati quassù (ironia della sorte) per far funzionare l'impianto. Due motori navali diventati ormai reperti di archeologia industriale da smaltire a qualche appassionato collezionista o a musei. Infine, nelle pertinenze della stazione esistono grandi piazzali ghiaiosi.
Gli escursionisti che salgono quassù si augurano di vedere una riqualificazione ambientale con inerbimento di quei luoghi. Sì, perché dal tempo della costruzione della stazione queste montagne sono diventate mete turistiche pregiate, che meritano di essere riqualificate.