I soci della La Vis: «No al commissario»
Riunione veloce presso la vinoteca della cantina di Cembra, ieri sera. L'avvio di una raccolta firme in calce ad un documento per annunciare che «i soci faranno tutto quanto possibile per mantenere la proprietà della loro Cooperativa e proseguire nel percorso del rilancio fin qui sviluppato». Sono i soci della La Vis. Arrabbiati, tutt'altro che rassegnati a subire gli eventi. Convinti che in queste ore si sta giocando il loro futuro. «I soci rimasti» scrivono nel documento «in questi ultimi anni si sentono partecipi delle decisioni, credono nel consiglio di amministrazione che hanno eletto, nella dirigenza e nei progetti che sono stati portati avanti a fronte dei sacrifici di tutti (soci e dipendenti)».
Fino ad ora se sono rimasti zitti e buoni, come gli era stato chiesto. Adesso, basta. Non siamo neanche più ai supplementari: siamo ai calci di rigore. E pure loro vogliono dare la loro «pedata», prima di tutto al presidente della Federazione trentina della cooperazione: «Il piano di Schelfi prevede tra le altre cose di smembrare il gruppo, in particolare il distacco di Cesarini che rappresenta un importante strumento di valorizzazione delle produzioni di montagna». Soci di Faver (Stefano Paolazzi, Michele Nardin, Emanuele Paolazzi, Luciano Nardin, Danilo Zancanella, Carmelo Piffer ), di Cembra ( Italo Piffer, Tullio Nardon, Matteo Tognolli ), quindi Tullio Facchinelli di Lisignago, Manuela Sevegnani di Piazzo, e altri che si aggregano. Le prime decine di firme sono presto raccolte. Altre oggi, dopo la messa.
Ricordano i risultati positivi della La Vis sui mercati, il lavoro di uomini e donne che hanno investito nelle proprie aziende e sul territorio per avere un futuro. Lo fanno ora che la vicenda della La Vis è arrivata al dunque. Il piano di risanamento è stato attestato dall'advisor finanziario: condizione posta dalla Provincia per evitare il commissariamento già deliberato ma esecutivo dal 5 giugno. Ma le banche si sono prese tempo per valutarlo, solo che tempo non c'è. I soci confidano nella richiesta alla Giunta provinciale di una ulteriore proroga: richiesta, hanno saputo, che l'affiancatore (e possibile commissario) Andrea Girardi ha dichiarato in cda di sostenere. Si chiedono «se il "sacrificio" della La Vis fortemente voluto dalla Federazione da quasi 5 anni a questa parte, possa forse aiutare a tentare di salvare altre realtà, che hanno impostato le loro produzioni e le loro strategie di vendita su prodotti industriali».
Non capiscono la accelerazione verso il commissariamento, né perché la Federazione «faccia di tutto per far fallire il progetto che è già realtà, costruito assieme negli ultimi 4 anni». E sono pronti, subito, a marciare su Trento, sul palazzo della Provincia e della Federazione: «Non con i trattori, ma con i con le nostre famiglie e i nostri figli». E se la La Vis sarà commissariata? «Ritireremo il prestito soci, venderemo le uve fuori provincia. E la prima cosa che farò» dice Italo Piffer «sarà tirare fuori i soldi dalla mia Cassa Rurale: se non si fidano loro di noi, neanche noi ci fidiamo più di loro». Luciano Nardin aggiunge: «Resisteremo al commissario, sia legalmente che bloccandolo sulla porta». Sotto accusa Cassa Centrale e Cassa Rurale Trento, le più restie ad avallare il piano di risanamento. Sotto accusa il loro presidente, Giorgio Fracalossi : «È candidato alla presidenza della Federazione. Ci saremo anche noi all'assemblea di giugno, per ricordargli che si candida con in mano la pistola fumante».