La denuncia di una donna. «Ho l'epatite, non mi curano»

La risposta dell'Azienda sanitaria: «Linee guida dell'Agenzia Italiana del Farmaco da rispettare, deve solo attendere»

Se rischio una malattia mortale, posso essere curata urgentemente? A chiederselo è una donna della Rotaliana che, se anche non più tanto giovane, si sarebbe vista negare una terapia con farmaco biologico contro l’epatite C. Il motivo? Costa 39 mila euro e, afferma lei, finché non subentrerà una cirrosi epatica, niente farmaco. La donna riferisce di aver già perso due fratelli per la stessa patologia e che le è stata accertata una familiarità al virus dell’epatite C. Nel 2006 iniziò la terapia con somministrazione dell’interferone, ma non ebbe alcun successo. Invalida al 60%, la donna si rivolse ad uno specialista di Padova, il quale le diagnosticò la gravità della sua epatite con alto rischio di cirrosi. La deviò sull’ospedale di Verona dove avrebbero approfondito gli accertamenti clinici e prescritto la cura. Qui risultò la stessa diagnosi, con prescrizione di ricorrere al farmaco biologico. Solo che, per competenza territoriale, a Verona non poteva essere sottoposta all’infusione.

Si rivolse quindi a Trento, ma all’ospedale Santa Chiara le negarono la somministrazione del farmaco. «Mi hanno detto che costa troppo, 39.000 euro. E che viene prescritto solo ai malati di cirrosi; a Trento mi hanno solo proposto di inserirmi in lista d’attesa». La donna intende rivendicare i suoi diritti fino a denunciare l’Azienda sanitaria in televisione, a «Mi manda RaiTre». Dice che lei non si rassegna e che intraprenderà ogni iniziativa per giungere al suo scopo. Le hanno pure detto che prossimamente il costo del farmaco dovrebbe abbassarsi e allora lo potranno somministrare anche a chi ha l’epatite C. «Ma quanto tempo, se sarò ancora viva, mi toccherà aspettare? Che differenza fa praticarmi l’infusione adesso, o quando avrò la cirrosi? Tanto, prima o poi me la dovranno pur fare».

La replica dell’Azienda Sanitaria è chiara: «Pur comprendendo le ragioni della signora, si sottolinea che l’APSS, nell’erogazione dei servizi o trattamenti sanitari è tenuta al rispetto delle disposizioni normative. In particolare per quanto riguarda l’epatite C la classificazione dei nuovi farmaci per il trattamento della patologia ai fini della fornitura, nonché le condizioni e le modalità di impiego sono disposte dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

Per la nostra provincia, la Giunta provinciale, richiamandosi a quanto stabilito dall’AIFA, ha approvato le linee guida relative al trattamento farmacologico a carico del Servizio sanitario provinciale e ha garantito la fornitura dei farmaci ai pazienti eleggibili con un finanziamento di 5 milioni di euro.  Le linee guida individuano i Centri deputati alla diagnosi, alla prescrizione e al monitoraggio del trattamento e fissano i criteri in base ai quali il medico può prescrivere i medicinali, che sono, in particolare, il tipo del virus di cui è affetto il paziente e la gravità del quadro clinico.

Il provvedimento sottolinea che, nell’applicare in modo puntuale i criteri Aifa, sia possibile distinguere due livelli di priorità per l’accesso ai farmaci in base all’urgenza clinica. Il primo livello comprende i casi più gravi e complessi per i quali un ritardo nell’avvio della terapia può tradursi in un esito negativo per il paziente. Il secondo livello include i casi clinici per cui il trattamento va comunque garantito entro 12-18 mesi». Alla signora, quindi, non viene negata la cura, ma no nessendo in pericol odi vita imminente, le viene chiesto di attendere qualche mese.

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