Lavis, sabato a Palazzo Maffei si inaugura la mostra fotografica di Emilio Frisia
LAVIS - Per una mostra che ha chiuso i battenti domenica (quella molto visitata ed apprezzata organizzata dall’Associazione Culturale Lavisana in occasione del cinquantesimo dell’alluvione del 1966), un’altra sarà inaugurata questa settimana nelle sale di Palazzo Maffei.
Ad organizzarla è il Gruppo Speleologico di Lavis, che sull’onda del successo riscosso lo scorso anno dalla rassegna «Genti e monti dell’Himalaya» curata dal famoso alpinista Fausto de Stefani, a partire da sabato 19 novembre (inaugurazione ore 18.39) e fino al 4 dicembre propone la mostra fotografica di Emilio Frisia: «L’uomo e la montagna: vita nelle Alpi 1957-1978».[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1513146","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","width":"180"}}]]
Per inquadrare lo spessore di questo «fotografo di montagna» che è stato anche giornalista e docente, venuto a mancare nel 2004, sono di aiuto le parole che gli furono dedicate da Dino Buzzati nella prefazione del catalogo della mostra che fece a Milano nel 1959: «Non la vittoria importa dunque, alla resa dei conti, ma la oscura potenza di certe immagini in cui la montagna, non si sa come, ha concentrato per noi la sua magia. Qui appunto - scriveva l’indimenticato giornalista-scrittore bellunese - mi sembra che stia l’arte del fotografo di montagna. Di là del problema tecnico, di là della sapiente inquadratura, fissare per sempre quelle rivelazioni poetiche. Nelle quali anche gli altri, che non c’erano, ritroveranno tuttavia un pezzo di se stessi».[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1513151","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","width":"180"}}]]
Le foto che saranno esposte, tutte rigorosamente in bianco e nero, sviluppate in una stanza della sua casa trasformata in camera oscura utilizzando la tecnica della stampa contrastata, «sono scattate in parete o dalle cime, non da elicotteri o col teleobiettivo da ameni prati alpini. Questa mostra è la sintesi di 20 anni di storia del rapporto tra Emilio e la montagna e presenta alcune delle più belle scelte tra centinaia dell’archivio».
A rivelarlo è la figlia di Emilio, Silvia, laureata in scienze geologiche all’Università di Milano con master in Earth Sciences dell’Università di Berkeley (California) e dottorato in scienze della terra, sempre a Milano. Fra le poche esperte mondiali nello studio microscopico dei minerali che compongono sia le Dolomiti che le stalagmiti delle grotte, Silvia Frisia dopo aver lavorato per 14 anni all’allora Museo Tridentino di Scienze Naturali, dal 2007 è Associate professor all’Università di Newcastle (Australia).
Approfittando della sua presenza a Trento dove è stata invitata a tenere dei corsi universitari, Silvia oltre a presenziare all’inaugurazione della mostra dedicata al papà, la sera prima venerdì 18 novembre con inizio alle 20.30 all’auditorium comunale terrà una serata sul tema: «Rocce, ghiacci, grotte: il nostro archivio di una storia di continui cambiamenti del clima».