Cembra, per l'impianto di cogenerazione condannata l'ex sindaca Antonietta Nardin
Quattro imputati, tutti condannati. Si è chiuso così in Tribunale a Trento il processo per turbativa d’asta relativo alla realizzazione dell’impianto di cogenerazione a biomassa di Cembra. Il giudice Giovanni De Donato ha condannato a 8 mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena, l’ex sindaca di Cembra Antonietta Nardin, l’ex assessora ai lavori pubblici Giovanna Paolazzi e i due rappresentanti della ditta Pyro-Max, Andrea Bassetti e Roberto Mazzolini, a cui fu affidata la costruzione dell’opera. Nel procedimento penale si è costituito parte civile, attraverso l’avvocato Nicola Stolfi, anche il Comune di Cembra - Lisignago. All’amministrazione è stato riconosciuto il diritto al risarcimento del danno morale, ma la cifra non è stata quantificata visto che in parallelo è in corso un contenzioso civile per gli ingenti danni patrimoniali e pure un procedimento della Corte dei conti.
La vicenda al centro del procedimento penale riguarda la realizzazione dell’impianto in zona Campagna Rasa per la produzione di energia elettrica, impianto attualmente fermo (funziona solo il teleriscaldamento). Nel capo di imputazione firmato dal pm Carmine Russo si sostiene che in concorso tra loro, Nardin in qualità di sindaco pro-tempore del Comune di Cembra, Paolazzi in qualità di assessora ai lavori pubblici, Mazzolini in qualità di amministratore unico e rappresentante della società Pyro-Max e Bassetti, in qualità di agente della società Pyro-Max che ha tenuto i rapporti con il Comune di Cembra, con mezzi fraudolenti avrebbero turbato la procedura di affidamento dei lavori per la realizzazione dell’impianto, agevolandone l’aggiudicazione alla Pyro-Max.
In particolare - sempre secondo l’accusa - sindaca e assessora, ancor prima di indire la seconda gara d’appalto (andata deserta la prima) avrebbero concordato con Bassetti, che agiva per conto della Pyro-Max, anche mediante incontri e riunioni presso i locali comunali, l’affidamento ad essi della realizzazione dell’impianto. Inoltre, sempre secondo la Procura, l’ex sindaca Nardin, avrebbe indicato al funzionario responsabile del procedimento le cinque imprese da invitare alla gara, in cui formalizzava l’offerta soltanto Mazzolini per conto della Pyro-Max srl.
Importante per l’accusa è stata le testimonianza di una fornitrice di cippato che nel marzo del 2012, dunque mesi prima della gara d’appalto, era stata contattata dai soggetti che poi si sarebbero aggiudicati l’appalto per sapere se poteva fornire la materia per alimentare la centrale. La fornitrice di cippato ha anche ricordato un sopralluogo, fatto sempre prima della gara, a cui parteciparono l’ex sindaca e l’assessora insieme ai privati. Questi ultimi in seguito, attraverso la neocostituita Pyro-Max, si aggiudicarono l’appalto.
Secondo le difese - con gli avvocati Francesco Izzia per Nardin, Flavio Maria Bonazza per Paolazzi e Monica Baggia e Mario Maccaferri per Bassetti e Mazzolini - non ci fu alcuna turbativa anche perché l’amministrazione avrebbe potuto legittimamente affidare l’appalto anche senza passare dalla gara. A questo argomento il legale del Comune ha risposto che qualora la gara venga indetta questa deve rispettare i dettami di legge.
Il caso però certo non finisce con la sentenza di ieri. Scontato è il ricorso in appello delle difese in una vicenda che ha turbato la comunità che ora è pesantemente indebitata: il Comune deve fare i conti con un mutuo da 900 mila euro che significa un debito di 500 euro per ogni residente.