L'amica di Samantha che insegna nel mondo

di Matteo Lunelli

Punto di partenza Malé, val di Sole, Trentino. Poi, nell'ordine: Germania, Irlanda, Inghilterra, nuovamente Germania, India, quattordici diversi Paesi dell'Asia, Ungheria, Kenya, Tanzania, Brasile e, oggi, Birmania. Punto di arrivo? Impossibile saperlo o prevederlo. La protagonista di questo giro del mondo è Valentina Postinghel. Classe 1979, solandra, è un'insegnante di inglese. Ma, soprattutto, è una viaggiatrice che vuole conoscere, scoprire, capire: a 18 anni è andata via di casa, non per un gesto di ribellione, ma per amore per il viaggio. Un anno in Germania lavorando con i bambini disabili, poi l'Irlanda, come ragazza alla pari, il passaggio in Inghilterra e il ritorno in Germania, grazie a una borsa di studio, per insegnare l'italiano ai bambini. Nel frattempo la laurea, a Modena, in scienze della cultura. «Un percorso di studi basato sulle lingue, ma soprattutto sul conoscere altre culture, altri stili di vita, altri modi di pensare». Studi che aprono la mente, per chi ha voglia (e coraggio) di aprirla. Dal 2007 i chilometri che la separano dal Trentino diventano molti di più: va in India per un anno, con un programma governativo di servizio civile, seguendo progetti a Bombay con i bambini e le donne delle baraccopoli. Un'esperienza che cambierà Valentina per sempre. Per un anno, finito il contratto di lavoro, gira l'Asia. «A quel punto della mia vita ho capito che non avrei smesso di viaggiare. Ho capito che volevo ancora conoscere e scoprire, incontrare persone e mettermi in gioco». Va in Ungheria per seguire il Celta (Certificate in Teaching English to Speakers of Other Languages), un corso di studi che le permette di avere tutte le carte in regola per insegnare inglese all'estero. A quel punto l'Africa: prima il Kenya, come volontaria, poi la Tanzania, dove entra in contatto con il suo attuale datore di lavoro, il British Council, un ente di promozione della lingua e della cultura anglosassone nel mondo, finanziato dal governo inglese. Dall'Africa al Sud America: otto mesi in Brasile, tra lavoro come insegnante e qualche «scorribanda» come turista per conoscere gli angoli più remoti del Paese. Infine, quasi due anni fa, il trasferimento in Birmania: un colloquio e un lavoro sicuro, sempre presso il British Council, come insegnante.

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Quanto scritto sopra è, in grande sintesi, la risposta di Valentina alla domanda «dicci un po' della tua vita», che le poniamo quando l'abbiamo contattata, appena rientrata a casa dopo una giornata a scuola. Lei ci racconta e le prime due considerazioni che ci vengono in mente quando ci dice, alla fine, «ecco più o meno chi sono», sono che questa ragazza dovrebbe avere almeno novantacinque anni viste tutte le esperienze che ha vissuto e che, tuttavia, c'è una solandra che ha viaggiato più di lei.
«Samantha Cristoforetti? Sì, effettivamente lei ha viaggiato molto più di me. Io e Samantha abbiamo frequentato asilo ed elementari insieme, in val di Sole. Chissà, forse la voglia che abbiamo entrambe di viaggiare e conoscere l'abbiamo sviluppata in quegli anni».


Che ricordi hai della donna più famosa d'Italia?
«Eravamo molto piccole, delle normali bambine che giocavano insieme e magari litigavano. Lei, che è del '77, all'asilo era la "grande" di mio fratello maggiore, e con noi c'era anche suo fratello Jonathan. Ecco, mio padre ricorda di una festa di Carnevale nella quale Jonathan era vestito da astronauta. Poi, dopo le elementari, non ho avuto molte notizie su Samantha, non si vedevano più in paese e anche io, in realtà, ero in giro per il mondo. Poi la sorpresa, ovvero scoprire che era diventata un'astronauta».


E i bambini birmani sono impazziti per AstroSamantha.
«Prima della partenza verso lo spazio abbiamo fatto delle lezioni sul sistema solare. Poi abbiamo seguito in diretta il lancio e ho raccontato ai bimbi che io e Samantha, alla loro età più o meno, eravamo insieme a scuola. Sono letteralmente impazziti di gioia: bocche spalancate, sorrisi, incredulità. E' stato veramente bello. Abbiamo fatto delle foto per Sam con il gesto dell'autostop, che i bambini fanno sempre quando le cose gli piacciono. Chissà, speriamo le abbia viste».

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Come si vive in Birmania?
«Sono innamorata di questa gente e di questi luoghi, ho trovato un'accoglienza stupenda. Poi fa caldo: nel tempo sono diventata abbastanza intollerante al freddo, devono esserci almeno trenta gradi perché mi possa sentire a mio agio. Rispetto al mio primo viaggio qui, nel 2009, oggi non c'è più la dittatura militare e, dopo le elezioni democratiche, le cose stanno cambiando alla velocità della luce. Certo, i prezzi salgono, cresce l'inquinamento perché prima nessuno usciva di casa, ma diciamo che sono tutti segnali di una normalità ritrovata. E le persone hanno tanta voglia di parlare di politica, di confrontarsi, cose che prima non potevano fare. La loro opinione sull'Italia e sugli italiani? Nessuna, perché hanno vissuto troppo tempo in una bolla, non hanno idea del mondo fuori. Ed è per questo che insegnare ai bambini cosa accade nel mondo, aprirli e aiutarli a scoprire, è bellissimo».


Hai usato la parola accoglienza: in Trentino, in Italia, in Europa, questo termine sta diventando sinonimo di conflitti sociali. Tu che sei una straniera, un'ospite da metà della tua vita, cosa ne pensi?
«Tolleranza, apertura mentale, pazienza, ospitalità e, appunto, accoglienza, sono un problema del mondo Occidentale. Io ho vissuto in molti Paesi magari poveri, magari non progrediti, ma ovunque ho trovato accoglienza. Non mi hanno mai fatto sentire sola o fuori luogo, in nessuna occasione, dal lavoro alla vita sociale e mi hanno sempre rispettata. Ho sempre trovato un sorriso e una mano tesa e questo ti lascia dentro una grande ricchezza. Noi trentini, credo, in fondo in fondo siamo così: magari orsi all'inizio, ma poi, una volta che conosciamo, la paura iniziale se ne va».


Rimettersi in gioco ogni volta non deve essere facile.
«No, decisamente no. Io mi sono sempre spostata da sola, ho dovuto sempre creare rapporti da zero, imparare la lingua e le abitudini del posto. La famiglia e gli amici sono lontani e, di solito, li vedo al massimo una volta all'anno. La difficoltà maggiore, però, è lasciarsi alle spalle le persone e i luoghi conosciuti, non conoscerne di nuovi».


La tua concittadina Samantha tra qualche mese tornerà con i piedi a terra. Tu quando scenderai dalla tua astronave?
«Chi lo sa? Forse mai. Magari cambierò rotta, virerò a destra o a sinistra, mi fermerò per un po'. Ma credo che la mia vita sia questa: il viaggio, le lingue, la gente, sono la mia passione. Intanto vorrei restare qui in Birmania un po' di tempo. Poi si vedrà».
E allora buon viaggio Valentina, una delle due solandre che ha viaggiato di più, ma di sicuro quella con i piedi più a terra. O forse no?

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