La famiglia di Andrea Papi: «Lotteremo fino all’ultimo respiro per dare dignità e giustizia alla morte di nostro figlio»
Franca Ghirardini e Carlo Papi, genitori del giovane 26enne aggredito e ucciso dall’orsa JJ4 nei boschi del monte Peller il 5 aprile: «Dalla Provincia ci aspettiamo scuse pubbliche. Grazie ai soccorritori che hanno rischiato la vita per salvare il nostro Andrea: erano disarmati, al buio e al freddo»
CALDES. «Lotteremo fino all'ultimo respiro per dare dignità e giustizia alla morte di nostro figlio. E ci aspettiamo delle scuse pubbliche da parte della Provincia». Per Franca Ghirardini e Carlo Papi, mamma e papà di Andrea, quella di ieri è stata una giornata intensa. La mattina una visita al cimitero, dal loro Andrea, abbracciati e sostenuti dai parenti. E poi le interviste in televisione, sui canali nazionali. Per parlare del loro figlio che non c'è più, per raccontare del loro paese, per ringraziare la comunità che si è stretta attorno a loro.
Una giornata affrontata con coraggio, a testa alta pur con il cuore infranto dal dolore. E anche con un senso di colpa. «Io mi sento in colpa per la morte di Andrea - dice la mamma -. In colpa per non essere riuscita, da mamma, ad aiutare il mio Andrea». E poi torna a quel tragico giorno. «Quando non rispondeva al telefono ho capito che qualcosa non andava, non era da lui. E nel mio cuore ho subito pensato all'orso».
«Per me l'orso era invece l'ultima delle ipotesi - ha detto invece il papà -. Pensavo che fosse accaduto qualcosa di grave, quello sì. Perché dopo sette, otto, nove, dieci chiamate tra mia moglie, la sorella, la fidanzata, ero preoccupato. Ma pensavo che fosse caduto, che si fosse rotto una gamba o avesse sbattuto la testa. Oppure che gli si fosse rotto il telefono». Ripensando a quelle maledette ore papà e mamma ci tengono a ringraziare i soccorritori, che hanno fatto l'impossibile per trovare velocemente Andrea. «Erano tutti disarmati, hanno rischiato la loro vita. Sono stati lassù al buio e al freddo», sottolinea ancora la famiglia.
E la mamma: «Quando è stato ritrovato l'ho voluto abbracciare per l'ultima volta. Questa giacca che ora ho addosso gliela ho appoggiata sopra, me lo sono coccolato nonostante le ferite». Sulle novità di ieri, con la sospensione dell'ordinanza di Fugatti da parte del Tar, Franca e Carlo preferiscono non commentare. «Ho giurato che cercherò giustizia per il mio Andrea - spiega ancora la mamma - e bisogna ammettere che qualcosa nel progetto dell'orso è andato storto e qualche responsabilità di deve essere».
«L'ho detto in chiesa e lo ribadisco: ci aspettiamo almeno uno "scusate, abbiamo sbagliato", ci aspettiamo che venga fatto il mea culpa», sottolinea il papà. Che prosegue: «Credo che possiamo essere tutti d'accordo sul fatto che la situazione è sfuggita di mano e qualcosa non ha funzionato. Magari all'inizio, nell'idea, Life Ursus poteva anche essere un progetto giusto, ma poi non è stato più seguito ed è andato alla deriva. Dal 2014 ci sono stati sette incidenti, fino all'ultimo, il più grave di tutti, quello mortale. E non è stato fatto nulla nel frattempo: primo ferito e nulla. Secondo e nulla... Una situazione presa "alla facilona"».
Frasi che non sono un'accusa specifica al presidente Maurizio Fugatti: «Non ce l'abbiamo con lui. Anzi, in un certo senso lui è quello che paga più di tutti e ne ha fatto le spese. Ma non vogliamo fare polemiche». E allora tornano a parlare del loro Andrea e della loro Caldes. «Andrea non se l'è cercata, questo deve essere chiaro a tutti. Non è entrato in una gabbia di orsi, è semplicemente andato a correre nel bosco. E Caldes è nel bosco. Qui in montagna i paesi, le scuole, i parco giochi sono a pochi metri dai sentieri».
Ancora: «Andrea amava fare sport: ha giocato a hockey per dieci anni, ma poi faceva le traversate in montagna, scialpinismo, roccia, corsa. Viveva per la montagna e nella montagna. E il suo sogno nel cassetto era legato proprio allo sport, perché voleva aprire una palestra. Ci stava lavorando e siamo convinti che ce l'avrebbe fatta, perché lui aveva tante idee e le portava sempre a termine, aveva volontà ed era un grande trascinatore».
Un ragazzo amato da tutti, come dimostra l'ondata di affetto sia il giorno del funerale sia nei giorni successivi: gli amici e i parenti non dimenticheranno mai quel giovane, solare e pieno di vita, "colpevole" solo di essere uscito di casa per andare a fare una corsa nella natura. Ma la sua famiglia, come promesso ieri anche in televisione, durante i collegamenti fatti insieme agli avvocati Marcello Paiar e Maura Cravotto, continuerà a lottare per lui. «Non è questione di abbattere l'orso, nulla ci riporterà Andrea. Ma ora bisogna trovare il giusto equilibrio».