Il piccolo Giden è salvo: un miracolo targato Cles. Per i medici kenioti la guida del dottor Greco
Il bimbo di appena sette giorni, ricoverato al Tabaka Mission Hospital (nella Contea di Kisii, in Kenya) stava morendo a causa di un’infezione aggravata da un’insufficienza renale acuta. Il medico: «Integrata l’antibioticoterapia con la ionorisonanza. Questo caso può rappresentare il primo di molti»
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CLES. Una rinascita, nel vero senso della parola. Un miracolo. Non ci sono altri termini per descrivere ciò che è accaduto nella Contea di Kisii, in Kenya, al Tabaka Mission Hospital, l'ospedale dei padri camilliani supportato dall'associazione Tabaka Mission Hospital's Friends, nata in Val di Non in memoria di Alice Magnani.
È una domenica di inizio autunno. Nel reparto di neonatologia, Giden, una creatura di appena 7 giorni, sta morendo per un'infezione: il suo corpicino non risponde alle cure che i medici gli stanno somministrando sotto la guida del dottor David Opondo. L'ultima speranza è riposta nella ionorisonanza. L'ospedale può disporre di due dispositivi donati nel 2019 da Valerio Dallago, titolare dell'azienda trentina S.i.s.t.e.m.i. srl, ma vista l'emergenza del caso è indispensabile consultare il dottor Alessandro Greco, responsabile medico della Rsa di Cles e dell'azienda stessa.
Greco è uno dei maggiori esperti nel campo della ionorisonanza e dà subito la sua totale disponibilità a supportare i medici dell'ospedale keniota, guidandoli nella scelta della terapia migliore da eseguire, nonché monitorando ogni giorno le variazioni di salute del bimbo e apportando i cambiamenti necessari alla cura elettromagnetica. Ciò che avviene successivamente ha del miracoloso: dopo tre giorni il piccolo Giden, che prima era immobile e respirava a fatica, inizia a muoversi, a piangere e ad aprire gli occhi. Passata una settimana, è fuori pericolo. A qualche mese di distanza, il dottor Greco racconta la sua esperienza.
Dottor Greco, può spiegare da cosa era affetto Giden?
«Dalla documentazione clinica che mi è stata fornita, Giden ha dovuto affrontare uno stato di sepsi (una grave infezione solitamente batterica a livello sistemico, come in questo caso) aggravato da uno stato di grave insufficienza renale acuta».
Che tipo di terapia ha deciso di utilizzare?
«Fin da subito i colleghi mi hanno descritto un caso critico, con chance di miglioramento che definire esigue sarebbe ottimistico. La terapia antibiotica, già iniziata, non stava dando alcun effetto e anzi stava peggiorando la condizione renale. L'idea è stata quindi quella di iniziare a integrare l'antibioticoterapia con la ionorisonanza: il risultato ci ha stupito e confortato sulle probabilità di riuscita. Nei giorni successivi questo approccio integrato ha permesso a Giden di beneficiare appieno dell'antibioticoterapia e quindi di rispondere bene alle cure».
Che cos'è la ionorisonanza?
«È una teoria che cerca di spiegare l'interazione tra campi elettromagnetici a bassissima frequenza e intensità e i sistemi biologici, teorizzata negli anni '80 del secolo scorso dal prof. Abraham Liboff. Utilizzando frequenze specifiche, è possibile ottenere effetti biologici spendibili in ambito medico, come l'effetto antiinfiammatorio, analgesico, antiossidante».
Sono mai stati documentati casi simili a quello di Giden?
«Ad oggi è un caso più unico che raro, ma sono fermamente convinto che questo possa rappresentare il primo di molti casi trattati in questo modo. Nell'ambito della fisica applicata alla biologia, gli studi e gli avanzamenti sono enormi, tanto che in alcuni casi si ottengono risultati che sembrano fantascienza, come accaduto con Giden o nello studio condotto all'università di Tel-Aviv sulle lesioni spinali».
È d'accordo con padre David quando dice che questo è un miracolo?
«Direi di sì, ma non come lo intende padre David. Lui, da savio uomo di fede, ha visto in questo concatenarsi di eventi e soprattutto nella risposta di Giden qualcosa di miracoloso. Per me il miracolo è stato nell'opportunità di trattare il piccolo con questo approccio di medicina integrata. Invece per quanto riguarda gli effetti ottenuti, erano, per così dire, parte dell'equazione, anche se con probabilità molto scarse».
Questo può rappresentare una nuova frontiera per la medicina?
«Non "può", ma "deve" rappresentare l'evoluzione dell'attuale paradigma medico. L'integrazione in medicina è essenziale. Nella comunità scientifica questa necessità è sempre più sentita e risponde a una linea di indirizzo che voglio ricordare essere stata data dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per il decennio 2014-2023. E che sono sicuro verrà aggiornata con ancora più consapevolezza».