Icef troppo basso, non può avere aiuti
Per vivere ha a disposizione 125 euro al mese, ma nonostante ciò non ha diritto al reddito di garanzia. La storia di ordinaria burocrazia ha per protagonista una 70enne di Pergine che ha chiesto il sostegno (200 euro al mese) previsto dall'ente pubblico. Ma per una falla nel sistema che calcola l'Icef la pratica è stata respinta. Perché? «L'indicatore reale è troppo basso e quindi si trasforma automaticamente nel più alto». Follia allo stato puro
PERGINE - La signora Anna Fornari , 70 anni di Pergine, è vittima di un clamoroso svarione, di una discrepanza tra una buona legge e gli strumenti forniti dalla pubblica amministrazione per applicarla con criterio. Nel nostro Paese paradossi e inghippi come quello che racconteremo capitano spesso. Questo però è accaduto proprio nella nostra provincia, la prima in Italia che ha introdotto nel 2009 il reddito di garanzia. Di questo «stabilizzatore automatico del reddito», la pensionata ha fatto richiesta al locale patronato della Cgil per integrare il suo potere di acquisto mensile che, fatte le debite sottrazioni, ammonta ad appena 125 euro.
I conti, senza sbagliare una virgola, li tiene il figlio Matteo : «Mia madre riceve una pensione di 539 euro al mese. Paga un affitto di 414 euro. In tasca le rimane ben poco. Da sola, se non ci fossi io, andrebbe sicuramente sotto un ponte».
L'aiuto che Anna riceve «da un pezzo del suo cuore» sopperisce a tutte le spese che in regime normale si definiscono correnti, ma che per lei diventano «straordinarie» come le bollette della luce, del gas, le ricette mediche e quelle per la montatura degli occhiali, per fare qualche esempio. «Io faccio l'imprenditore, pago regolarmente le tasse e sto già contribuendo ampiamente a rimpinguare i conti di questo Stato - nelle parole di Matteo c'è polemica venata di amarezza - fino a qualche anno fa aiutare mia madre non era un problema. Ora i tempi sono cambiati».
Infatti, per i nuclei familiari più deboli come quello di Anna Fornari ci sono i sostegni economici previsti dall'ente pubblico. Ma per una strana falla nel sistema che calcola l'indicatore Icef, e che consentirebbe alla signora di beneficiare del reddito di garanzia (tradotto in 200 euro mensili per un periodo limitato), la scure cala impietosa.
Ne risulta infatti che: «l'indicatore reale è troppo basso e quindi si trasforma automaticamente nel più alto», questa è la spiegazione che la pensionata ha ricevuto dall'addetta al patronato e trascritto sulla domanda giudicata «incongrua».
La spiegazione disarmante giunge proprio dall'operatrice che ha seguito la pratica: «Purtroppo questo non è un caso isolato - argomenta - ci troviamo a cozzare contro un meccanismo che non ci è chiaro. Nel caso specifico, la dichiarazione Icef, basata su indicatori presunti, non risulta congrua per accedere al reddito di garanzia». Vale a dire: non è possibile che con la sola pensione di euro 6.761 riferiti al 2012 Anna Fornari possa pagare l'affitto di una casa che si presume di 50 metri quadrati calcolato in euro 4.800 annui e sostenere le sue spese (varie) quantificate in euro 3.900 annue. «Purtroppo la parte mancante che consta nell'aiuto economico ricevuto dal figlio non è dichiarata» - continua - e qui nasce la discrepanza. Fino al settembre 2012, con la precedente normativa, intervenivano i servizi sociali che, dopo attenta indagine, decidevano il tipo di intervento. Ora non è più così». I servizi sociali accompagnano gli utenti solo nei percorsi sociali escludendo quelli economici.
Nel caso della signora Anna quindi, la normativa lascia ad altri l'incombenza di provvedere alle integrazioni di reddito. Gli «altri» sono Matteo. Anna, quanto le costa chiedere a suo figlio? «Mi costa più di qualsiasi altra cosa al mondo», risponde dispiaciuta. «Ho sempre provveduto da sola a me stessa. Ho fatto la parrucchiera per trent'anni e poi, chiusa l'attività, ho lavorato come lavapiatti». Ma forse «il meccanismo» presume che lei non abbia fatto abbastanza.