Chiudono i "manicomi" giudiziari, ex internati in arrivo a Pergine
I lavori al piano terra del padiglione Perusini, nel complesso dell’ex ospedale psichiatrico di Pergine, sono ancora in corso. Ma, dal 1° luglio, lì dovrà essere aperta l’unica «Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza», dove saranno accolti alcuni malati psichiatrici che hanno commesso reati. È una delle Rems che dal prossimo mese sostituiranno i manicomi giudiziari, finalmente chiusi dopo anni di proroghe.
«In luglio arriverà a Pergine il primo paziente», conferma Paola Maccani, direttrice dell’Integrazione socio-sanitaria dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento. «Entro l’inizio del mese riusciremo ad avere due stanze pronte, ma altre otto verranno completate a breve, per una capienza massima di dieci persone».
La storia relativa alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, spesso veri e propri «lager», è lunga e più volte sono state concesse proroghe alle Regioni rinviando il loro superamento, fino alla decisione - assunta nei mesi scorsi - di arrivare all’apertura delle nuove Rems entro luglio.
«Dal primo del mese - spiega Maccani - tutte le Regioni devono essere in grado di ospitare i detenuti psichiatrici che hanno la residenza sul loro territorio». Tra queste, anche la Provincia autonoma di Trento che, «richiamata» in febbraio dai ministri alla Salute Beatrice Lorenzin e alla Giustizia Andrea Orlando per il ritardo organizzativo, ha «bruciato» in pochi mesi le tappe: solo in marzo, infatti, la giunta provinciale ha imposto all’Azienda di organizzare la Rems entro pochi mesi.
La ricognizione sulle strutture adatte allo scopo, fatta dall’Apss insieme al Dipartimento di salute mentale, ha poi individuato a Pergine, nel padiglione Perusini, quella più adeguata «perché qui esiste un’area dedicata ai pazienti psichiatrici che ha un’articolazione importante in materia di servizi».
Come responsabile della Rems è stato quindi indicato il dottor Lorenzo Gasperi dell’Unità operativa di Psichiatria di Pergine - Distretto Est, che ha preparato un progetto complessivo, con l’indicazione non solo delle misure di sicurezza previste ma anche del programma terapeutico e delle attività da svolgere per garantire un percorso medico adeguato ai bisogni dei pazienti. Subito dopo, è iniziata la riorganizzazione del piano terra del padiglione Perusini per ricavare camere singole sicure, installare finestre anti sfondamento, porte doppie con spazio interno in modo che solo quando la prima è chiusa si apra la seconda, e montare un sistema di videosorveglianza che consenta di tenere sotto controllo la situazione 24 ore su 24.
Quanto agli addetti, a partire dal 1° luglio nella Residenza ci sarà un coordinatore infermiere o tecnico della riabilitazione psichiatrica (con funzioni di caposala), un infermiere garantito su tutte le 24 ore (con turni di otto ore), poi tecnici della riabilitazione psichiatrica o educatori e operatori sociosanitari, oltre al medico psichiatra e ad altre figure come lo psicologo, l’assistente sociale, eccetera. «Assicuriamo la presenza di personale adeguato dal punto di vista professionale e di esperienza - osserva Paola Maccani -. Ma siccome non abbiamo mai gestito strutture di questo genere, sottoporremo tutto a verifica continua per fare gli aggiustamenti necessari».
Intanto, non è noto se il primo paziente, in arrivo il prossimo mese, sarà uomo o donna: «Sappiamo solo che arriverà dall’Opg di Reggio Emilia - spiega la dirigente -. A decidere i trasferimenti, infatti, non sono i servizi psichiatrici ma i magistrati, in base alla storia e alle caratteristiche delle persone».