«Dobbiamo pagare noi per le colpe dell'impiegato infedele della Comunità di valle»
È una vicenda kafkiana, nella quale c’è un carnefice, una burocrazia cieca e ottusa, e una vittima. Anzi, più vittime: sono la famiglia Bailoni. Tania, prima di tutti: a 14 anni rimase tetraplegica per un incidente in piscina. Lei, con la famiglia, è finita in un meccanismo perverso. Sono «colpevoli» di aver ricevuto, nel corso degli anni, dei contributi non dovuti, assegnati loro, come a tanti altri, da un dipendente infedele della Comunità di Valle, e che adesso devono essere restituiti fino all’ultimo centesimo.
Ecco cosa ci scrivono:
«La vicenda è conosciuta e riguarda duecento famiglie dell’Alta Valsugana che devono restituire alla Comunità di Valle i soldi dell’assegno di cura ricevuti per assistere un proprio famigliare non più autosufficiente. Stiamo parlando di cifre che oscillano tra qualche migliaia a più di cinquanta mila euro. Noi avevamo beneficiato di questo assegno per Tania.
Tania è divenuta tetraplegica in seguito da un incidente successo quando era quattordicenne nel 2005. Dal 2011, da quando cioè è scoppiato il caso dell’impiegato infedele in Comunità, ci si chiede di restituire quanto percepito negli anni precedenti.
In questi giorni ci è pervenuto l’ultimo sollecito di pagamento «entro e non oltre i 60 giorni dal ricevimento della presente, avvertendo che in difetto si procederà al recupero forzoso del credito con aggravio di spese a vostro carico».
A questo punto non ci resta che pagare.
Cosa ci rimane di questi sei anni di battaglie per contrastare un provvedimento che riteniamo profondamente ingiusto, di lettere e articoli sui giornali locali, di incontri pubblici con altre famiglie colpite dallo stesso provvedimento, di incontri con politici a vari livelli?
La percezione dominante è di aver avuto a che fare con una classe politica mediocre, si parli di Comunità di Valle o si parli dei vertici della Provincia, che non ha voluto o non ha saputo (e delle due non sappiamo cosa sia peggio) trovare una soluzione che andasse incontro alle difficoltà di duecento famiglie già duramente colpite dagli accadimenti della vita e coinvolte loro malgrado in una ignobile vicenda.
Parliamo di buonsenso, di coscienza, di giustizia, di civiltà, parole che sembrano sparite dalla testa di questi personaggi. Ma ci rimane il tanto affetto, la solidarietà e la vicinanza molto concreta da parte di tanta gente dell’Altopiano della Vigolana e non solo.
Dopo sei anni ci rimane anche dell’amarezza e un po’ di arrabbiatura ma di certo questi personaggi non sono riusciti a toglierci la voglia di cercare sempre qualcosa di buono anche tragicità di certi momenti delle nostre vite.
Noi continueremo il nostro percorso con fatica, con difficoltà, ma con onestà, con coraggio e con determinazione come abbiamo fatto fin qui. Lo faremo con la nostra gente, distanti da personaggi che appartengono ad un mondo diverso sempre più lontano dalla vita reale».
Paolo, Tania e Giacomo Bailoni