«Vogliono farci chiudere»
Prima di esporre le convenzioni relative al progetto di gestione associata obbligatoria dei servizi, il sindaco Francesco Fantini ha espresso in consiglio comunale alcune considerazioni a nome della giunta comunale di Bedollo.
Come già esposto in un recente scambio di comunicazioni fra la giunta e la minoranza, il sindaco ha sottolineato «come l’obbligatorietà di questo passaggio al fine di adempiere alle disposizioni di legge vigenti, unito alle rigidissime posizioni riguardanti la possibilità di assunzione di personale in sostituzione a quello uscente, evidenzia come i piccoli comuni stiano vivendo, negli ultimi anni,una grande sconfitta politica. Nessuno ad alti livelli ha saputo rappresentarli con una forza tale da poterne garantire solidamente le loro strutture o addirittura la loro esistenza. Molti ragionamenti hanno origine ancora prima - continua il sindaco - ma nel nostro caso prendiamo come riferimento l’anno 2006, in cui è stato messo in atto un tentativo di strappare diverse competenze ai comuni per centralizzarle presso le Comunità di Valle, esperimento stroncato da un ricorso che ha sancito l’illegittimità del procedimento».
Tuttavia, a partire proprio da quei tempi, ha continuato il sindaco, «la politica nazionale ma in forte misura anche quella provinciale, ha incominciato ad esprimersi in maniera sempre più insofferente verso i piccoli Enti Locali, giungendo ad un punto tale da individuarli come un vero e proprio peso all’interno dell’apparato della pubblica amministrazione. La messa in pratica di questo si è subito tradotta con il blocco o comunque una forte limitazione delle assunzioni per tutti i comuni, senza tenere minimamente conto della possibilità di considerare un fattore di sopravvivenza delle piccole realtà».
E veniamo dunque ai nostri giorni, con una riforma istituzionale che obbliga all’associazione dei servizi per enti con abitanti inferiori ai 5 mila, «dando come uniche alternative possibili un processo di fusione o il commissariamento, con una situazione gestita dall’esterno,su indicazione di un sistema che addita come unica strada la centralizzazione più estrema». Quindi le conclusioni.
«Ragionando per assurdo, pensando di non essere obbligati dalla legge a fare questo passo ci accorgeremo di andare immediatamente a sbattere contro un muro vista l’impossibilità di rimpiazzare il personale uscente. Nella nostra struttura comunale ogni servizio è seguito da una sola persona, l’uscita della quale comporterebbe la soppressione del servizio. Dove potremo mai arrivare di questo passo? Mi unisco alle parole della consigliera Samantha Casagranda: dov’è la meritocrazia? Anch’io lo chiedo ad un sistema più grande di noi, che sta al di sopra. Le convenzioni diventano allora necessarie se non assistere al vero e proprio collasso della struttura comunale entro tempi molto ravvicinati».