Anziani / Il caso

Rsa Santo Spirito di Pergine, dopo la visita di Tonina, le accuse dei familiari e le repliche

Una casa di riposo «blindata» orari di visita impossibili per chi lavora, e una organizzazione fatta «sulla carta» e senza i rappresentanti

di Luigi Oss Papot

PERGINE. Lo scorso 13 giugno, l'assessore provinciale alla salute Mario Tonina ha fatto visita all'apsp Santo Spirito di Pergine, accompagnato dallo staff dirigenziale della rsa.

La struttura conta 219 posti letto (oltre il 31% degli ospiti ha gravi disturbi comportamentali o alti fabbisogni assistenziali) ai quali si aggiungono 4 posti letto nella casa di soggiorno per persone autosufficienti, un centro diurno per 20 anziani ed un nucleo Alzheimer; i dipendenti sono 255.

Attualmente la struttura è coinvolta da lavori di adeguamento degli impianti e risanamento interno, che dovrebbero concludersi entro la fine del 2025.

Il direttore Giovanni Bertoldi ha inoltre ricordato come, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, nel prossimo futuro il lavoro dell'apsp perginese sarà rivolto al territorio, per supportare quella parte di popolazione anziana che può rimanere a domicilio, privilegiando l'accesso alla rsa per gli ospiti ad alto bisogno sanitario e modellando di conseguenza la struttura sulle loro esigenze.

In occasione della visita dell'assessore Tonina, anche i rappresentanti dei familiari sono stati invitati, ma erano assenti per pregressi impegni. Ciononostante, a nome di ospiti e familiari, hanno inviato una pec sia alla direzione dell'apsp che in assessorato a Trento per richiamare l'attenzione su alcuni temi "aperti", già sollevati nel corso di incontri ma senza, a loro dire, trovare ancora soluzione.

Fra questi, si cita per esempio la presenza di fasce orarie per le visite nonostante le linee guida provinciali «abbiano da già oltre un anno - scrivono - indicato la necessità di ripristinare le modalità pre-pandemiche». Ma si ricorda anche l'assistenza ai pasti possibile solo su richiesta esplicita scritta alla direzione sanitaria invece di essere liberamente consentita, «per una migliore assistenza del residente e per sgravare il personale dalla mansione»; l'assenza di un impianto di raffrescamento nelle due strutture che garantisca una adeguata temperatura degli ambienti (i rappresentanti segnalano che l'anno scorso sono state inviate segnalazioni dai familiari che le temperature delle stanze avevano raggiunto i 35 gradi).

Si ricorda anche il mancato coinvolgimento dei familiari nella stesura e nella condivisione del Piano assistenziale individualizzato (Pai), «costruito - scrivono - come puro adempimento burocratico», e la carta dei servizi che presenta «servizi non garantiti realmente agli ospiti», come ad esempio il servizio di fisioterapia in quanto «i fisioterapisti in organico non sono in grado di garantire alla maggioranza degli ospiti la fisioterapia neppure una volta alla settimana. Di recente inoltre si sono verificati 2 dimissioni di fisioterapisti e la situazione del servizio è destinata a peggiorare ulteriormente».

Viene citata anche la revisione dei parametri di assistenza infermieristica e operatore socio-assistenziale sulla base del numero di assistiti e delle patologie: «I parametri attualmente presenti - aggiungono - non sono adeguati per garantire un livello di assistenza sanitaria di base. Per farvi un esempio, nella struttura di via Marconi, di notte a partire dalle ore 21 fino al mattino è presente 1 infermiere e 2 operatori per 75 ospiti suddivisi su tre piani. Non è presente alcun medico neppure in reperibilità e nel caso di urgenze l'infermiere di turno si appoggia al servizio di guardia medica».

Un problema, questo, che va di pari passo con la carenza cronica di personale.

La replica della casa di riposo

È arrivata a stretto giro la risposta della direzione e presidenza dell’Apsp Santo Spirito di Pergine alla lettera che i rappresentanti di ospiti e familiari hanno inoltrato di recente all’assessorato provinciale e all’Apsp stessa (l’Adige di giovedì 20 giugno). Una lettera con «spunti di riflessione e approfondimento», come scritto nella missiva, per alcune tematiche aperte: in totale 7 i punti principali che i rappresentanti sostengono non abbiano mai trovato seguito, ai quali risponde pedissequamente l’Apsp.

Per quanto concerne le fasce orarie d’accesso, che in altre strutture non sono più presenti dopo la fine dell’emergenza Covid, viene ricordato che si può accedere tutti i giorni dalle 9 alle 11.30 e dalle 14 alle 18.30: «Sono esclusi - spiega l’Apsp - solo gli orari dei pasti per motivi igienico sanitari e per garantire tranquillità agli ospiti. In casi particolari il dirigente medico può autorizzare accessi fuori orario». Durante i pasti, evidenziavano ancora i rappresentanti di ospiti e familiari, non si può assistere i parenti: «Il coordinatore sanitario - risponde l’Apsp - può autorizzare la presenza del familiare in caso di documentate situazione».

Nella missiva inviata alla direzione e in assessorato a Trento si ricordava anche come nelle strutture non sia presente un impianto di raffrescamento e le temperature abbiano superato nel 2023 anche i 30 gradi : «I locali comuni come sale da pranzo e soggiorni - ricorda l’Apsp - sono dotati di ricircolo d'aria e climatizzazione. All'occorrenza vengono dislocati climatizzatori portatili. Esiste un protocollo condiviso con l’Azienda provinciale per i servizi sanitari e la Provincia per la gestione dell’emergenza caldo».

I familiari lamentano anche il mancato coinvolgimento nella stesura e condivisione del Piano assistenziale individualizzato (Pai): «La Rsa - si ricorda nella replica - predispone il Pai secondo le direttive. C'è un confronto costante e continuo con i familiari, anche su richiesta degli stessi. Vengono effettuati colloqui individuali da parte del personale medico e di coordinamento». Secondo la direzione e presidenza, anche il problema legato all’erogazione dei servizi agli ospiti, come ad esempio la fisioterapia che secondo i familiari non sarebbe garantita a tutti gli ospiti almeno una volta alla settimana (anche per recenti dimissioni), rientra comunque nei parametri stabiliti dalle direttive provinciali: «La Rsa di Pergine è addirittura sopra il parametro provinciale e le recenti dimissioni sono già state sostituite con nuove assunzioni. In fase di ingresso il fisioterapista effettua una valutazione per impostare il piano terapeutico personalizzato sul singolo caso». Parametri migliori per la Rsa di Pergine ci sarebbero poi anche per quanto riguarda il tasso di assistenza infermieristica sulla base del numero di assistiti: «La revisione e il rafforzamento del parametro - è la replica - è questione condivisa che anche Upipa sta portando all'attenzione dell'assessorato provinciale. Si ricorda che la Rsa di Pergine risulta sopra parametro con 77,78 minuti/settimana/posto letto in più rispetto a quelli definiti dalle direttive provinciali».

Anche per quanto riguarda l’assistenza medica notturna e festiva, effettuata al bisogno dalla guardia medica, «è garantita - conclude la replica - da direttive provinciali come per tutte le Rsa del Trentino».

La consigliera Parolari attacca

Alle accuse dei rappresentanti si unisce anche la consigliera provinciale del PD, Francesca Parolari. «Leggiamo oggi sulla stampa la risposta dei vertici della APSP Fondazione Montel di Pergine Valsugana alle legittime lamentele della rappresentanza dei familiari, specie per quanto riguarda gli orari delle visite, la presenza dei familiari durante il pasto e il coinvolgimento degli stessi nella stesura del Progetto assistenziale personalizzato “PAI”.

Nella replica troviamo conferma a quanto da me scritto nell’interrogazione, presentata nei mesi scorsi e che ancora giace inevasa sulla scrivania dell’Assessore Tonina, in merito alle incomprensibili restrizioni all’accesso dei familiari in alcune RSA trentine.

A Pergine, quindi, a differenza di tante altre strutture trentine dove la possibilità di accesso è molto più estesa, è confermato che nessuno entra dopo le 18.30 e durante i pasti, se non espressamente autorizzato.

Si tratta di decisione unilaterale assolutamente arbitraria, ingiustificata e infondata. Non sussistono infatti ragioni di alcun tipo per cui al familiare sia impedito di entrare in struttura dopo le 18.30. Ciò significa che un anziano a Pergine nei giorni feriali rischia di non poter incontrare i propri cari in quanto gran parte delle persone, all’ora di chiusura delle porte, è ancora al lavoro.

Non sussistono inoltre motivi igienico sanitari di alcun genere tali da giustificare il fatto che i familiari debbano rimanere fuori dalla sala da pranzo. Per quanto riguarda la garanzia di tranquillità durante il pasto, faccio presente che possono essere attivate, con relativa facilità, strategie organizzative per far sì che all’ospite sia permessa la consumazione del pasto in un ambiente disteso (a volte basta semplicemente concordare le modalità di accesso con il familiare che nella stragrande maggioranza dei casi non è un barbaro).

Preoccupanti sono, infine, le dichiarazioni in merito alle modalità di stesura da parte della Rsa di Pergine del Progetto assistenziale personalizzato “PAI”. Le direttive provinciali, a cui tutte le Rsa devono attenersi, ma anche le buone pratiche applicate dalla stragrande maggioranza delle strutture residenziali non solo trentine, prevedono che il PAI sia steso “con l’apporto e la condivisione della persona e della famiglia”. Non esiste quindi che il PAI, documento centrale per “mantenere/migliorare le capacità funzionali, comportamentali, cognitive, affettive-relazionali” della persona accolta in Rsa, sia elaborato e trasmesso alla Provincia senza che sia condiviso dall’anziano e dai suoi familiari. A Pergine, invece, succede proprio questo.

Concludo richiamando quanto dicono le Direttive provinciali, a cui tutte le Rsa convenzionate devono attenersi relativamente al ruolo dei familiari: “Tenuto conto che nella popolazione fragile e in larga misura cognitivamente compromessa residente nelle RSA, la riduzione delle interazioni sociali e l’impoverimento delle relazioni affettive possono favorire il decadimento psico emotivo e aumentare il rischio di peggioramento delle patologie organiche, le RSA sono tenute a sviluppare e dare evidenza di buone pratiche concretamente pianificate e attuate per consentire ai familiari/caregiver la continuità della relazione e del sostegno affettivo al residente”.

All’Assessore Tonina, in quanto responsabile dei servizi socioassistenziali erogati da enti accreditati e convenzionati, chiediamo di rendere conto del perché a Pergine i rapporti con i familiari non tengano conto di ciò» conclude Francesca Parolari del PD.

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