Arco, dentro e fuori dal pronto soccorso
Tre passaggi in pronto soccorso, con due ritorni a casa, un medico di base che ti rispedisce in ospedale e una struttura medica ospedaliera che solo al terzo tentativo si prende in carico il caso e ricovera la paziente per poi farla operare.
E’ quanto accaduto ad una altogadesana, Claudia Marchi, che ha deciso di raccontarsi la sua esperienza inviandoci una lettera dal titolo significativo: «A chi chiedere aiuto?». Alcuni giorni fa si era recata al pronto soccorso dell’ospedale di Arco per forti dolori addominali: «E’ stata un’esperienza indimenticabile – racconta - dolori allucinanti, che mi passavano attraverso l’addome.
Il medico, lontano da me, seduto in poltrona a scrivere. Non ce la facevo più. Ho domandato una flebo con del Buscopan. Fortunatamente la mia richiesta è stata esaudita. Senza essere visitata, sono stata dimessa, mi è stata diagnosticata una gastrite.
Arrivata a casa e il dolore si faceva sentire sempre più forte. Mio marito è andato dalla medica curante che dopo avere visto il referto è venuta subito a casa per visitarmi. Mi ha inviato urgentemente all’ospedale di Rovereto dove mi hanno fatto alcuni esami e mi hanno diagnosticato una coliciste e detto che i dolori erano causati da un blocco intestinale. Mi hanno dimessa nuovamente. Ho richiamato la dottoressa curante che mi ha rispedito di nuovo con la massima urgenza a Rovereto, dove dopo cinque giorni di esausta sofferenza fisica e psicologica, sono stata operata.
Immaginiamoci – chiede Claudia Marchi – come si può sentire un ammalato... quante domande può porsi: dove sta l’etica professionale? Le competenze? Il rispetto dell’ammalato? La dimensione umana? A chi credere? A chi e quando domandare aiuto?
Ringrazio immensamente la dottoressa Annamaria Tavernini per avermi ascoltata, visitata e con professionalità inviata più volte all’ospedale di competenza». La vicenda si è conclusa con un intervento operatorio e con la successiva dimissione. E tutto era cominciato con un mal di pancia “visto” ad Arco.
«I quadri clinici evolvono e non sono mai statici - osserva Luca Fabbri, direttore del presidio ospedaliero di Arco – soprattutto in fase acuta, possono diventare chiari con una seconda o terza visita. E’ condivisibile quello che sente la signora ma in casi del genere chiedo sempre di segnalarci quanto successo, così noi possiamo analizzare i fatti e anche migliorare il servizio. Nessuno vuole giustificare nessuno ma le cose vanno valutate in maniera oggettiva e non soggettiva.
Molti casi simili ci sono stati segnalati e allora si riesce a dare una risposta agli interrogativi dell’utente. Gli sbagli ci possono sempre essere - continua il direttore - e occorre essere corretti senza facili giustificazioni ma anche senza sovradimensionare le cose. Io dico alla signora, come a tutti in questi casi, di venire tranquillamente a parlare con me così svisceriamo quello che è successo e se c’è qualche errore medico potrà essere riconosciuto e la signora potrà chiedere un risarcimento o in ogni caso la sua segnalazione potrà servire a migliorare il servizio e in ogni modo un incontro potrà servirci anche per scusarci se è il caso».