"Trovare un lavoro, fare una famiglia, avere una possibilità". La testimonianza di 11 giovani migranti
Ospitati da tre mesi da un privato alla Moletta, provengono da zone di guerra e sono in attesa di ricevere l'asilo politico. Serena la convivenza tra loro e i residenti
Thompson, Yunus e Douglas abitano alla Moletta da tre mesi, insieme ad altri 8 ragazzi accomunati dalla necessità di migrare. Sono ospitati da un privato che ha scelto di concedere due appartamenti liberi alla Provincia, la quale vi ha collocato gli 11 migranti in attesa di asilo politico.
Lo Sprar, il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, in Trentino segue 624 persone, che aspettano di vedersi riconosciuto un diritto. Dal lunedì al venerdì Thompson e compagni prendono i mezzi per andare a Rovereto a studiare l’italiano. Vivono insieme da pochi mesi, avendo in comune molto poco se non il destino di migrare, eppure la casa è un sereno mix di islam e cristianesimo, italiano, inglese e dialetti africani. Il proprietario dell’immobile tre mesi fa ha ceduto in affitto alla Provincia gli alloggi sfitti della casa dove egli stesso abita con la famiglia. I suoi nuovi 11 vicini di casa hanno al massimo 40 anni, la pelle più scura della sua, e certo "dobbiamo un po’ seguirli perché sono da soli", ma "sono educati e fanno le pulizie. Nessun problema di convivenza" racconta.
La famiglia non è solo un soggetto economico nella transazione dell’affitto: il proprietario e la moglie fanno da tramite tra i ragazzi e il Cinformi, l’ente provinciale dedicato alle migrazioni. Il loro compito è ascoltare le esigenze degli inquilini, aiutarli nel quotidiano. L’accoglienza dei migranti, facendo i conti, è un guadagno per il territorio: lo Stato eroga 30 euro al giorno per persona, non alla persona. Il 40-45% della cifra copre l’affitto (pagato a privati cittadini), e con il rimanente si paga il vitto (una tessera individuale prepagata - 150 euro al mese - per la spesa al supermercato), l’assistenza legale e sanitaria, i corsi di lingua, il percorso di inserimento: al migrante restano circa 2 euro al giorno, "pocket money" simbolico. Di fatto quindi 30 euro diventano l’indotto quotidiano dato dalla presenza di ciascun migrante.
Thompson e i suoi coinquilini sono accoglienti, e dopo poco tempo l’ombra di diffidenza sparisce. "Sono un po’ ritrosi perché in attesa che la commissione esamini i loro casi e valuti la richiesta di asilo politico - spiega la referente del progetto - e questa fase è molto delicata". Momento difficile per diverse ragioni: il richiedente deve dimostrare che la sua vita, nel Paese d’origine, è in pericolo, e per farlo bisogna quasi sempre rievocare immagini e situazioni drammatiche di violenza e morte. Come Douglas, 27 anni, che nel Gambia curava la contabilità della ditta del padre. Te la senti di raccontare qualcosa del tuo viaggio fino qui? "Ah - dice ad occhi bassi - è troppo triste". Pur non avendo mai studiato, Douglas ha appreso un mestiere e l’inglese necessario a farsi capire. "Adesso vorrei imparare l’italiano, trovare un lavoro", dice, ed è il piano che hanno tutti.
In Nigeria Yunus, 27 anni, era meccanico. Come gli altri, è arrivato dal mare, passando per la Libia e sbarcando a Siracusa. Anche Thompson viene dalla Nigeria insanguinata dalle milizie terroristiche di Boko Haram. A Benin City ha studiato management e coltivato la passione per la musica: per hobby canta, e le sue canzoni uniscono ritmi e lingua africani e occidentali. Il suo inglese è perfetto: "Vorrei che passasse il messaggio che noi non siamo venuti qui per dormire - ribadisce - ma per lavorare, perché abbiamo delle competenze, delle qualità, e se non ci viene data una possibilità queste moriranno dentro di noi".
La burocrazia è lunga: si arriva in Italia, si aspetta qualche mese per la formalizzazione della richiesta di asilo, dopodiché altri sei in attesa dei documenti. L’asilo politico è una forma di tutela che dura 5 anni e consente di lavorare o studiare. Dopo quasi un anno dall’arrivo, i migranti possono accedere ai tirocini formativi del Cinformi e cominciare un percorso di inserimento nel mondo del lavoro. Come vedono questi ragazzi il loro domani? Risponde Thompson: "Tutto andrà bene, Dio mi ha portato fino a qui. Voglio trovare un lavoro, fare una famiglia, avere una possibilità". Lo stesso desiderio dei giovani trentini, italiani, del mondo.