Carpenteria troppo rumorosa Il giudice ferma la produzione
Il tribunale blocca la lavorazione alla Garda Acciai, che da oltre un anno superava e di molto i limiti
Per 11 anni hanno convissuto senza troppi patemi con quel capannone spuntato nel 2004 di fronte alla loro abitazione, nelle campagne tra Arco e Dro, all'altezza del centro artigianale che ospita anche il «Gigajoy» di Ceniga. Magari la famiglia Fava non sarà stata felicissima di rinunciare ad una porzione di paesaggio per vedere sorgere l'immobile artigianale. Ma a parte l'imponente presenza dell'edificio altri disagi particolari non ne hanno sopportati, fino all'anno scorso. Dal gennaio 2015 tutto è cambiato. Sotto allo stesso capannone, completamente aperto sul lato che dà verso l'abitazione residenziale della famiglia Fava (costruita invece nel 1972) da oltre un anno si svolgono lavorazioni estremamente rumorose, quelle di cui si occupa la «Garda Acciai srl», che ha preso in locazione dalla «Santoni Costruzioni spa» il capannone così adibito a «lavorazioni di carpenteria metallica».
Dalla pace (o quasi) della campagna cenigotta, ai rumori insopportabili di una carpenteria sotto casa. La famiglia Fava non è rimasta con le mani in mano. Prima ha chiesto ai confinanti di far qualcosa per ridurre l'inquinamento acustico prodotto dai vari macchinari, spesso in funzione anche contemporaneamente. Poi, non ricevendo soddisfazione, si è rivolta all'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente (l'Appa), che ha competenze dirette proprio per l'inquinamento acustico. I dati raccolti a luglio 2015 dai tecnici sono chiari e riferiscono la «presenza di rumori con componenti impulsive e chiaramente esorbitanti le soglie di legge con livelli differenziali pari a decibel 15, 22,9, 15,3 e 11,2 tutti ben superiori alla soglia di 5 decibel prevista».
A questo punto si è mosso anche il Comune di Dro. Ai primi di settembre l'amministrazione ha elevato una sanzione amministrativa alla ditta prescrivendole tutta una serie di provvedimenti importanti: la «Garda Acciai» avrebbe dovuto presentare entro un mese un piano acustico adeguato a superare il problema (e lo ha fatto ad ottobre ricevendo però richieste di ulteriori chiarimenti dagli uffici comunali), inoltre avrebbe dovuto ridurre l'orario di lavoro, usare i macchinari in tempi alternati per non sommare rumore a rumore e montare schermi temporanei con barriere mobili da mettere tra il capannone e la casa. In realtà - stando a quanto ora sancisce la magistratura - l'unico provvedimento con effetti concreti è stata la riduzione dell'orario di lavoro.
Ovvi i disagi sopportati per mesi dalla famiglia Fava: finestre chiuse anche in estate, piscina abbandonata, i figli che vanno a studiare altrove, il riposo impossibile di giorno, e disturbi crescenti in termini di stress, cefalee e insonnie.
Ecco perché i Fava si sono poi rivolti al tribunale di Rovereto. Dopo due udienze a ottobre e febbraio e una nuova perizia che ha confermato i livelli di rumore, il giudice Riccardo Dies ha ritenuto che «le illecite emissioni violano il diritto alla salute costituzionalmente garantito di tutti i componenti della famiglia» e ha accolto la richiesta dei residenti per un provvedimento d'urgenza che costringa la ditta a sospendere qualsiasi lavorazione fino a quando non saranno mette in opera tutte le prescrizioni indicate dal Comune e dal perito del tribunale.
La «Garda Acciai» si è opposta precisando che un progetto in tal senso è depositato in Comune, ma a fronte del disagio subìto dai Fava quotidianamente e ormai da un anno, il giudice non ha avuto dubbi. Fabbrica ferma e nessun macchinario in movimento finché non sarà costruito un muro in calcestruzzo sul lato che dà verso l'abitazione e non saranno presi tutti gli altri provvedimenti indicati. Anche perché - ha scritto il giudice - la «Garda Acciai» avrebbe potuto preoccuparsi di valutare l'impatto acustico della sua produzione ben prima di avviarla nel gennaio dello scorso anno.