Ex Argentina, le reazioni sulle richieste di rinvio a giudizio
Il giorno dopo l’annuncio da parte de «l’Adige» del deposito delle richieste di rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica di Rovereto a carico dei dieci indagati per il caso «ex Argentina», in casa Patt ci si interroga sul presente e sul futuro e sulle possibili ripercussioni che l’intera vicenda potrà avere sul partito. Fermo restando, e questo vale in assoluto, che una richiesta di rinvio a giudizio è un passaggio giudiziario che nulla ha a da spartire con un verdetto di colpevolezza.
Tutta da provare, ovviamente. All’interno delle Due Stelle Alpine non c’è peraltro solo il caso ex Argentina, con il coinvolgimento del vicesindaco Stefano Bresciani, a creare qualche motivo di dissapore. In un post sulla sua pagina Facebook, datato domenica 24 aprile e quindi prima della notizia delle richieste di rinvio a giudizio, il giovane Andrea Marcolini mostra la sua tessera stracciata con il seguento commento: «Quando avere la tessera di un partito e usare il proprio tempo per la propria comunità non è più motivo di orgoglio, credo che l’unico gesto che possa fare un giovane è quello di abbandonare la nave che trasporta quei personaggi che hanno arrecato vergogna al partito e che non costituiscono alcun esempio».
Chi invece aspetta la notifica degli atti ufficiali da parte della Procura è il senatore e segretario provinciale del partito Franco Panizza.
Quando avere la tessera di un partito e usare il proprio tempo per la propria comunità non è più motivo di orgoglio, credo che l’unico gesto che possa fare un giovane è quello di abbandonare la nave che trasporta quei personaggi che hanno arrecato vergogna al partito e che non costituiscono alcun esempio.
«Evidentemente non prendo decisioni sulla base di notizie giornalistiche - fa sapere l’esponente autonomista di ritorno da Roma - E non credo sia il caso di precipitare la situazione e fare la corse nel tirare conclusioni che possono riverlarsi avventate».
Il senatore autonomista ribadisce la sua totale fiducia nel lavoro della magistratura ma anche nell’operato del vicesindaco Stefano Bresciani: «Ho la totale fiducia in Bresciani e ritengo che abbia sempre operato con correttezza e nel pieno rispetto delle leggi - commenta deciso il segretario autonomista - E non ho nemmeno elementi oggettivi per affermare il contrario».
Rispetto ad alcuni «spifferi» che uscirebbero dal partito, soprattutto locale, Panizza ribatte: «A me personalmente non sono state sottoposte richieste di valutare la situazione. Che comunque andrà esaminata in primis dal partito locale».
Sulla stessa lunghezza d’onda è il presidente del Patt di Arco, Gabriele Matteotti: «All’interno della sezione non ci siamo ancora confrontati - ci dice Matteotti - E quindi ritengo prematuro fare qualsiasi dichiarazione, anche a titolo personale. Su questa vicenda Stefano Bresciani è sempre stato molto sicuro del suo operato. Vediamo cosa succede nei prossimi giorni. Per parlare bisogna avere elementi oggettivi in mano e farlo con cognizione di causa».
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«Per noi al momento non cambia assolutamente, ci atteniamo a quelli che sono i fatti». Con questa dichiarazione il sindaco Alessandro Betta decide di non sbilanciarsi e di fatto di rimandare ogni valutazione più approfondita rispetto agli ultimi sviluppi giudiziari del caso «Ex Argentina». Come riportato ieri dal nostro giornale, infatti, la Procura della Repubblica di Rovereto, tramite il pm Valerio Davico, ha depositato alla cancelleria del gup la richiesta di rinvio a giudizio a carico di tutti i dieci indagati nell’ambito dell’inchiesta che vede coinvolto, tra gli altri, anche l’attuale vicesindaco Stefano Bresciani.
C’è da capire quindi se il l’amministrazione comunale intenderà costituirsi parte civile nel processo o meno. Quesito che si pongono peraltro anche i consiglieri di minoranza Andrea Ravagni e Bruna Todeschi: «Il rinvio a giudizio degli indagati per il caso Argentina pone sindaco e giunta del Comune di Arco di fronte ad una scelta - osservano - Decidere di costituirsi subito parte civile nel processo penale oppure attendere le eventuali condanne degli imputati e successivamente fare azione civile per i possibili danni patiti dal Comune; ricordiamo che tale scelta non è facoltativa poiché una mancata richiesta danni a fronte di una condanna penale sarebbe passibile di giudizio presso la corte dei conti per danno erariale».
Betta al momento minimizza la questione e fa intendere che la giunta ancora non ha preso una decisione in merito. Se ne discuterà nei prossimi giorni: «Sono solo congetture e ipotesi - dichiara - quando saranno effettivamente notificati i rinvii a giudizio ci penseremo, non abbiamo nulla di concreto in mano per cui non possiamo fare alcuna valutazione. Fare dei ragionamenti oggi sarebbe sostituirsi al lavoro della magistratura e penso che ciò sia assolutamente sbagliato».
Smentite quindi eventuali dimissioni o altre ipotesi: «Ritengo altresì assolutamente legittimate tutte le persone che stanno operando in questo momento - afferma - dai funzionari alla politica. Si continua a lavorare come sempre».
Le notifiche ufficiali dovrebbero comunque arrivare a destinazione già nei prossimi giorni e si attende quindi ora solo la fissazione della data dell’udienza preliminare, il prossimo passaggio di questa delicata vicenda giudiziaria che ha scosso Arco e l’amministrazione pubblica.
A carico di tutti gli indagati, a cominciare dal vicesindaco Stefano Bresciani e dall’imprenditore Roberto Miorelli, la Procura della Repubblica di Rovereto contesta il reato di «lottizzazione abusiva aggravata in concorso» per la presunta - e tutta da accertare - responsabilità nell’aver dato il via libera alla realizzazione dell’intervento che sarebbe però in contrasto con l’articolo 75 del Piano regolatore generale. Nello specifico si tratta della concessione edilizia numero 74, rilasciata dal Comune di Arco il 31 luglio 2009: concessione che, secondo l’accusa, avrebbero avuto delle ricadute negative concrete in termini ambientali, nonché violato i termini del Prg e del regolamento edilizio comunale.
La volumetria che risulterebbe eccedente e secondo le stime sarebbe di circa 20 mila metri cubi. Nei confronti del vicesindaco Bresciani e dei funzionari pubblici viene contestato anche il reato di «abuso d’ufficio».
Sul piano politico, il vicesindaco Stefano Bresciani, esponente di punta del Patt arcense, ha deciso di non rilasciare alcuna dichiarazione in merito e di rimanere in silenzio stampa per alcuni giorni.
LA VICENDA
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Gli ultimissimi sviluppi inerenti l’inchiesta giudiziaria dell’Ex Argentina suscitano le reazioni delle opposizioni consiliari. L’ex assessore alla cultura e ora consigliere di minoranza Massimiliano Floriani(«Laboratorio Civico») torna a chiedere le dimissioni del vicesindaco Stefano Bresciani: «Uno dei motivi principali che mi ha portato alla dolorosa scelta di lasciare la maggioranza qualche settimana fa, è questa situazione - scrive Floriani sui social - Tutti abbiamo il diritto di difenderci nelle sedi opportune e mai ci dovremmo permettere di condannare in anticipo una persona, specie mentre è in corso un procedimento giudiziario. Purtroppo però anche il Trentino sta copiando sempre più il metodo della politica nazionale: nulla ci impressiona e tutto è permesso, come se la politica fosse al di sopra della legge. Per tutelare la città sono convinto che il vicesindaco debba dimettersi o essere rimosso dal proprio incarico».
Non dissimile la posizione dei cinque stelle «Rispettiamo il lavoro della magistratura e non intendiamo entrare nel merito dell’inchiesta ma auspichiamo comunque che la giustizia faccia il suo corso in tempi ragionevoli e certi - scrivono Giovanni Rullo e Lorenza Colò - Riteniamo che di fronte alla richiesta di rinvio a giudizio ormai ufficiale il vicesindaco, anche per poter esercitare serenamente il suo diritto di difesa, debba rassegnare le sue dimissioni e ci domandiamo se non sia il caso che il sindaco e la giunta valutino dei provvedimenti sospensivi per la dirigente e funzionaria fino a conclusione del processo. Continuiamo inoltre a criticare con forza l’uso spregiudicato dello strumento urbanistico che da oltre un ventennio ha fatto sì che ad essere maggiormente tutelati siano stati gli interessi dei soliti costruttori a scapito della salvaguardia dell’ambiente e del territorio».
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http://www.ladige.it/territori/riva-arco/2016/04/30/ex-argentina-dieci-richieste-rinvio-giudizio