La bandiera oltre le diversità
Sciti, sunniti, ortodossi, cristiani, musulmani, ma soprattutto, e prima di tutto, albanesi.
Nazionalità che rappresenta il denominatore comune della festa che stasera avrà come teatro il salone più grande dell’hotel Liberty di Riva del Garda.
Una cena, intervallata dalle esibizioni di alcuni dei più popolari cantanti folk della loro terra, che vedrà seduti allo stesso tavolo ben 280 cittadini albanesi, con ormai solide radici nell’Alto Garda, per festeggiare il 104° anniversario dell’indipendenza. Una data il cui significato, che travalica etnie e credenze religiose, non è stato offuscato dal tempo, soprattutto per chi è stato costretto a lasciare la terra natia per cercare lavoro e, un tempo, anche per ragioni politiche.
Al punto che Shkecqim “Gimmy” Danaj, da anni presidente dell’Aquila di Arco, a fronte di un mare di iscrizioni, ha vanamente cercato una soluzione alternativa. «Saremmo arrivati a 400 – ci ha confermato Gentian Koci, uno dei dirigenti – ma non è stato possibile trovare un salone più capiente. Vuol dire che resteranno fuori gli ultimi iscritti, anche se la cosa ci dispiace». Koci è anche l’organizzatore del torneo di calcio a 5.Un evento che unisce sport e divenrtimento: «Sì ci divertiremo, insomma, e sarà un modo per sentirci vicini alla nostra terra, anche se l’Italia con noi è stata veramente ospitale. Io sono qui da 26 anni, sono venuto da bambino, ho famiglia e non mi sento quasi più uno straniero. Però la nostalgia è dura da vincere». Però loro una battaglia l’hanno vinta di sicuro: quella di far convivere pacificamente tante religioni, cosa che, alla luce di quanto accade nel mondo, non sembra certo la cosa più semplice.
«In Albania è così. La convivenza religiosa è una conquista di lunga data, anche perché forse avevamo altri e ben più gravi problemi dei quali occuparci. Per esempio, io non ho notizia di danneggiamenti a chiese o moschee, cose che in altri Paesi capitano. Guarda il mio caso: io sono cristiano e i miei genitori musulmani, ma non mi hanno mai rimproverato la mia scelta. Oggi i miei figli vanno a catechesi, ma io non impongo niente, saranno loro a decidere quando sono grandi. Ah, a proposito di religioni la nostra squadra di calcio a cinque le rappresenta praticamente tutte, eppure ti posso assicurare che il gruppo è compatto e molto affiatato».
Lui allena i Giovanissimi dell’Arco, però non dimentica i ragazzini della sua terra. «Certo che no: ero andato a trovare un mio collega allenatore delle giovanili in Albania e ho visto che i suoi giocatori si allenavano in canottiera. Mi ha spiegato che avevano una divisa sola e quindi la tenevano pulita per le partite ufficiali. Tornato in Italia ho contattato le società della zona, spiegando loro il problema. Da quel momento c’è stata quasi una gara a regalarmi divise e tute che loro non usavano più, magari anche solo perché avevano cambiato lo sponsor. E così, ogni anno, parto con un furgone strapieno di materiale, e lo porto in Albania facendo felici tantissimi bambini che per il calcio, altro grande collante di etnie e religioni, hanno una passione sfrenata».