Daniele Proch a suon di gol si fa largo negli Stati Uniti

di Martina Avancini

Non poteva mancare, nella nostra «collezione» di giovani talenti originari della Busa, il profilo di Daniele Proch; nato nel 1996 a Riva del Garda, dopo essersi diplomato allo scientifico del Maffei ed aver vissuto da protagonista due realtà sportive di rilievo del nostro territorio (ha giocato per due anni, in seconda e terza superiore, nel FC Südtirol e in seguito ha vissuto l’esperienza della serie D con il Dro) prende la decisione che gli cambia la vita: fare domanda per un college americano, entrando a far parte della squadra scolastica e gettando le basi di una carriera che negli ultimi anni ha preso il volo.

Dopo essere entrato al Catawba College, l’anno successivo si trasferisce alla prestigiosa Duke University, in North Carolina; qui si distingue all’interno della squadra dell’università riuscendo a pagarsi gli studi grazie a borse di studio sportive e ottenendo vittorie e riconoscimenti calcistici ma anche scolastici, dualità da portare avanti con uguale disciplina e costanza all’interno dei college americani: nel frattempo infatti, Daniele si è anche laureato in «Policy journalism and media studies», altro ambito per cui prova un vivo interesse e all’interno del quale vede la possibilità, in futuro, di estendere i propri orizzonti professionali.

Nelle scorse settimane, un importante tassello viene posto nel quadro che Daniele sta costruendo: il 6 febbraio viene annunciato ufficialmente il suo ingresso nel North Carolina FC, squadra di tutto rispetto della USL Championship, campionato calcistico professionistico di secondo livello degli US, alle spalle della Major League Soccer.

Abbiamo conosciuto meglio Daniele, facendoci raccontare da lui gli sviluppi più recenti della sua carriera e scoprendo le sue aspirazioni calcistiche, e non, a breve e lungo termine.

Daniele, raccontaci un po’ le ultime novità riguardo alla tua vita calcistica e il percorso verso il professionismo statunitense.

Dunque, qui la maggior parte dei giovani atleti frequenta i college, i quali competono tra di loro con le rispettive squadre. Una volta laureato, ti puoi rendere eleggibile per il «draft», una specie di «lotteria» in cui le squadre professioniste scelgono i giocatori dei college per inserirli all’interno delle loro squadre.
Io mi sono laureato a dicembre, a gennaio c’è stato il draft per la Major League Soccer, per così dire la Serie A americana, nel quale però non sono stato scelto. Ho cominciato quindi dalla «Serie B», la USL, girando vari posti fino a quando mi sono ritrovato in una società molto vicina a Duke, con la quale ho appena firmato il contratto, trasferendomi immediatamente.
Il campionato inizia tra un mesetto, ora come ora sto continuando gli allenamenti e la mia intenzione è quindi partire da qui per poi riuscire a «scalare le gerarchie», fino ad arrivare alla Major League.

Quindi sei ufficialmente un giocatore professionista, del North Carolina FC per la precisione.

Esatto, è una buona squadra da cui partire ed è buffo il fatto che dopo aver girato tra New York, Las Vegas, New Mexico e tante altre città per provare allenamenti con diverse e possibili squadre, io mi sia ritrovato a pochi passi da dove ho vissuto fino ad ora, molto vicino a Duke, dove ho appena terminato l’università.
Non è male comunque restare in una zona in cui ho la possibilità di continuare a frequentare i miei amici nei giorni liberi.

Da dove è nata l’idea di trasferire la tua vita e i tuoi studi negli Stati Uniti?

Lo spunto mi è stato dato da mio cugino Andrea (ndr, Stoppini), tennista professionista che mi ha suggerito, inizialmente buttandola sullo scherzo, di andare a giocare in America, dove c’è la possibilità di pagare gli studi anche in università prestigiose attraverso borse di studio sportive, ovviamente se si dimostra di meritarlo. Messa la pulce nell’orecchio, ho cominciato quindi a incuriosirmi e informarmi e alla fine mi sono convinto che poteva essere la strada giusta.

Al di là dell’ambito sportivo, ti è piaciuto l’ambiente universitario americano?

Sì, assolutamente. Duke in particolare è un mondo a sé stante, far parte di questa realtà ti apre un mondo, ti dà la possibilità di conoscere persone e insegnanti fantastici e l’istruzione che si riceve è di livello veramente alto. Soprattutto, il network che ti costruisci qui ti rimane per sempre, io anche a distanza di anni avrò sempre la certezza, qualsiasi cosa mi serva, di poter trovare a Duke un sostegno e un aiuto. Una volta laureato qui, entri a far parte di una vera famiglia.

Guardando al futuro, per ora l’idea è rimanere in America in pianta stabile?

Al momento il programma è questo, vorrei continuare a giocare a calcio almeno per i prossimi dieci anni e mi piacerebbe continuare a farlo negli USA; inoltre, vorrei allo stesso tempo usufruire della mia laurea alla Duke, che qui mi può aprire diverse porte dal punto di vista lavorativo. In Italia a dire la verità mi piacerebbe tornare molto in là con gli anni, quando avrò ormai dato il meglio di me nella carriera e sfruttato i miei anni giovanili. Come opportunità, dal punto di vista lavorativo e calcistico, l’Italia non la vedo come un’opzione realizzabile.

E come ti vedi, passati gli anni dedicati alla carriera calcistica?

Mi vedrei bene come commentatore o broadcaster, soprattutto nell’ambito sportivo, ma senza limitarmi. Il fatto di aver giocato per un tot di anni come calciatore professionista mi sarà comunque utile al fine di guadagnarmi credibilità.
Il calcio e quello per cui ho studiato sono le mie passioni più grandi, assieme a tutto quanto ruota intorno a questi mondi. Anche il giornalismo, mi piace a 360°, non solo quello sportivo, non voglio precludermi nulla.
Ora ho appena cominciato, ma come idea non mi dispiacerebbe occuparmi di altro anche in contemporanea alla mia carriera sportiva.

(Nella foto Daniele negli Usa)

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