Dopo una battaglia lunga 17 anni, Stefano Garbari ora può riposare
L’ex agente della Polizia stradale di Riva del Garda fu vittima di un gravissimo incidente il 6 luglio del 2005. Aveva 59 anni e al funerale hanno partecipato tantissime persone. La moglie Mirella: “Non ha mai smesso di lottare”
CENIGA. Diciassette anni impregnati di lotta, di speranza, di sacrificio ma soprattutto d'amore, tantissimo amore. Fino all'ultimo respiro, fino all'ultimo gesto: quando ha sentito che ormai la vita veniva meno, con la mano ha allontanato la moglie Mirella e la figlia Sharon per risparmiar loro il momento più doloroso del distacco.
«Ha voluto che andassimo via, che uscissimo di casa. Perché questo era Stefano, il suo primo pensiero era sempre per gli altri» racconta con la voce incrinata dalla commozione ma che rivela allo stesso tempo il carattere di una donna forte Mirella Vivori, moglie e compagna di una vita di Stefano Garbari. Stefano Garbari aveva 59 anni, 33 dei quali trascorsi a prestare servizio nella Polizia Stradale di Riva del Garda.
È morto sabato nella sua casa di Ceniga e i funerali si sono svolti ieri 14 giugno. Il 6 luglio 2005 in sella al suo scooter fu vittima di un gravissimo incidente stradale in via S. Caterina, all'incrocio con via Narzelle e via Venezia: un'auto, una Lancia Ulysse condotta da un uomo di Rovereto, gli tagliò improvvisamente la strada e l'impatto fu tremendo. Per giorni Stefano Garbari lottò tra la vita e la morte all'ospedale di Brescia prima, a quello di Negrar poi. La sua tempra era forte, la sua voglia di vivere altrettanto, l'amore della famiglia e degli amici in egual misura. E pian piano Stefano è uscito dal tunnel buio della morte, anche se la sua esistenza non è stata più la stessa.
Da quel giorno è cominciato un lungo percorso di riabilitazione verso un'esistenza di relativa normalità. Un cammino costante, che non ammetteva soste o ripensamenti, un cammino scandito dall'amore che ha circondato Stefano e la sua famiglia, dalla solidarietà di tantissime persone, dal desiderio di vincere anche questa battaglia.
Nel 2008, tre anni dopo quel terribile incidente, Mirella Vivori scopre una possibile cura, il metodo Doman, dal nome del fisioterapista statunitense Glenn Doman: serve per favorire il recupero dei bambini cerebrolesi. E i miglioramenti si vedono e diventano costanti. Ma la pandemia e gli anni terribili del Covid, con tutte le limitazioni che ben conosciamo, impongono rinunce e rallentamenti che non consentono a Stefano di seguire alla lettera la cura.«In tutti questi anni abbiamo fatto e ha fatto soprattutto Stefano tanti piccoli miracoli, lui ha lottato sempre - racconta ancora la moglie Mirella - E questo è stato possibile grazie anche al sostegno e all'aiuto dei volontari Avulss, come lo era stato Stefano, sempre impegnato nel volontariato, sempre pronto a dare una mano. Ce lo ha sempre detto: aiutiamo chi ha bisogno. Questo era Stefano. Questi anni è stato lui a regalarli a noi». L'ultimo gesto d'amore, l'ultimo dono per chi ha bisogno, Stefano Garbari lo ha fatto da morto donando gli organi.
«Voglio veramente ringraziare il medico e le infermiere del territorio che ci sono state vicine in tutti questi anni con ogni mezzo, anche con un gesto, con una parola di conforto» conclude Mirella Vivori.