A 72 anni Roberto De Laurentis dall'informatica ai fertilizzanti biologici
L’ex presidente dell’Associazione artigiani di Trento e noto imprenditori cede la sua ditta e investe nella start-up che usa lana e piume: "Stiamo consumando il pianeta e mi piaceva l'idea di provare a fare qualcosa per le prossime generazioni anche al di là dello sport e riuscire a dare una seconda vita a dei prodotti di scarto"
ARCO. A 72 anni è passato dall'informatica ai fertilizzanti: "Non volevo invecchiare e correre il rischio di annoiarmi", confessa Roberto De Laurentis, nato ad Arco. Nella sua vita ha fatto quasi tutto e anche se non ha mai avuto figli, da anni ha la responsabilità su quasi 300 ragazzi: quelli della società di calcio Us Arco di cui è presidente dal 2011.
"Sono mica tanti quelli che vogliono dirigere una società di calcio dilettantistica", avverte. Fermo proprio non riesce a stare: "Stiamo consumando il pianeta e mi piaceva l'idea di provare a fare qualcosa per le prossime generazioni anche al di là dello sport e riuscire a dare una seconda vita a dei prodotti di scarto", spiega De Laurentis.
Nel 2018, dopo aver ceduto alla Zucchetti la società informatica che aveva fondato nel 1982, la Sima con la quale aveva clienti come Michelin, temeva di non aver niente da fare. E così, dopo una vita nel campo del software, anche come dipendente di Aquafil e Arcese, e dopo aver trovato il tempo per fare per 8 anni il presidente dell'Associazione Artigiani di Trento e per due mandati anche della Fondazione comunità di Arco, si è reinventato come Ceo di una start-up nata per sviluppare e produrre concimi biologici. È la Almalana, un'azienda che si trova in provincia di Pordenone e della quale è anche l'azionista di maggioranza. L'altro socio di riferimento è il Consorzio Funghi Treviso, il più grande d'Italia del settore.
Fondata nel 2019, la ditta a Montereale Valcellina è un esempio di economia circolare con una quindicina di dipendenti (il doppio a regime): "In Trentino non si poteva fare - chiarisce - perché è ad alta vocazione turistica e non ci sono spazi adatti e le relative destinazioni d'uso".
La start-up (13 milioni di investimento complessivo) recupera la terra "impoverita" impiegata nella coltivazione dei miceti e gli scarti della lana delle pecore e delle piume d'oca. Per la produzione - a regime si parla di 70.000 quintali (il valore commerciale si aggira attorno ai 40 euro per 100 kg) - l'impresa ha sviluppato uno specifico brevetto, che il Ministero dello sviluppo economico ha approvato lo scorso anno.
"Oggi, il concime di domani", sorride De Laurentis che per il nuovo concime bio rivendica anche la possibilità di proseguire la coltivazione senza la semina di altre piante per rigenerare il terreno. A parte un "leggero sentore di funghi", il fertilizzante azotato stabilizzato di origine organica e naturale è inodore. L'effetto sul terreno dura più a lungo perché le sostanze nutrienti sono a "rilascio graduale".
Piume e lana vengono micronizzate e mescolate alla terra "esausta" delle fungaie in un ex cotonificio convertito per ospitare un biodigestore da 160 metri di lunghezza e 20 di larghezza. Il nuovo è pronto dopo due mesi di trattamento. La commercializzazione dell'X512hp, distribuito sottoforma di pellet in sacconi da 6 quintali, è cominciata lo scorso autunno e le prime consegne hanno riguardato Calabria, Lazio, Veneto e alcune aziende in Trentino concentrate nell'Alto Garda e nella zona delle Sarche.