L’omicidio a Riva: 7 colpi alla testa per uccidere Maria, sul corpo della vittima anche i segni di un coltello
Dalle prime risultanze dell'autopsia anche un tentativo di soffocamento con un cuscino. I risultati definitivi solo tra alcune settimane. Ora due psichiatri dovranno capire se Rozza è in grado di stare in giudizio
L'AVVOCATO «Francesca Rozza è ancora in stato confusionale»
FOTOGALLERY Il luogo della tragedia in via Deledda
RIVA DEL GARDA. L'ha colpita sette volte con un oggetto contundente (probabilmente la lampada trovata sul comodino) e avrebbe cercato anche di accoltellarla alla schiena e di soffocarla. Questo raccontano i primi esiti dell'autopsia eseguita sul corpo di Maria Skvor, la 91enne trovata morta nel suo appartamento di via Deledda la mattina del primo marzo, ma la sua morte risalirebbe a 24 ore prima.
A confessare l'omicidio con una chiamata al 112, la figlia Francesca Rozza di 61 anni: «Credo di aver ucciso mia madre» ha detto a chi le ha risposto al telefono dopo aver vegliato il corpo esanime della madre - e dopo aver cercato di togliersi la vita - per 24 ore.
Ora la donna è nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Arco dopo che il gip di Rovereto, Mariateresa Dieni, ha revocato la custodia cautelare in carcere sostituendola con la misura meno restrittiva degli arresti domiciliari e disponendo appunto il ricovero della donna presso il reparto di psichiatria.In attesa della relazione finale (ci vorranno ancora settimane), l'autopsia eseguita dalla dottoressa Federica Bortolotti, ha per ora rilevato sul corpo dell'anziana sette traumi conseguenza dei colpi inferti dalla lampada e delle ferite compatibili con un coltello. Ferite poco più che superficiali tranne una che ha una profondità minima, di due centimetri.
Ferite non in grado comunque di provocare la morte della donna che, sempre in base ai primi elementi forniti dall'anatomopatologo, avrebbe subito anche un tentativo di soffocamento con il cuscino. Un'ipotesi, questa, che deve trovare conferme. Mentre sembra certo che Rozza, avrebbe anche aperto il gas, tanto che i primi soccorritori sul posto ne avevano sentito il forte odore.
Se queste informazioni serviranno per capire come è morta Maria Skvor, ora due psichiatri inizieranno a lavorare per capire se Rozza è in grado di stare in giudizio e se è capace o meno di intendere e di volere. Ieri nelle aule del tribunale di Rovereto il gip Dieni ha conferito l'incarico peritale al dottor Eraldo Mancioppi che ha subito giurato e a breve avrà il primo incontro con Francesca Rozza che all'udienza - come alla precedente - non ha partecipato per ragioni mediche, come spiega il suo avvocato, Nicola Canestrini.
Al perito sono stati concessi 90 giorni per consegnare il suo elaborato con il quale dovrà rispondere sulla capacità di Rozza di seguire il processo, sulla sua imputabilità (quindi infermità totale o parziale) e se non imputabile o parzialmente imputabile anche sulla sua pericolosità sociale per un'eventuale misura di sicurezza. La procura - l'indagine è seguita dal sostituto procuratore Viviana Del Tedesco - non ha nominato alcun consulente, mentre la difesa sì.
«Abbiamo nominato - ha spiegato Canestrini alla fine dell'udienza - la dottoressa Anna Palleschi, psichiatra specialista in caregiver burnout». Ossia l'esaurimento profondo che colpisce - in determinate condizioni - chi di si prende cura di un proprio familiare che necessita di cure costanti. Come faceva Francesca per la mamma Maria.